L’europeismo e l’umanesimo hanno vinto e possiamo tirare un sospiro di sollievo. Sollievo per la vittoria di Macron ma soprattutto si brinda alla sconfitta di Le Pen, al suo terzo tentativo.

Tira aria di destra in Europa: il voto per l’extrême droite in Francia non è mai stato così alto (41,5% contro 33,9% nel 2017), complice un astensionismo da record per un’elezione presidenziale, che proviene soprattutto dagli elettori di Jean-Luc Mélenchon, stanchi del “front républicain” che incita a recarsi alle urne solo per impedire l’accesso al poter di un(a) candidato(a). 

Nonostante l’abbandono delle urne, nonostante la sconfitta, Madame Le Pen, si porta comunque a casa un consenso enorme e continuerà a osteggiare un’Europa comunitaria e federale, scudo di pace in questi tempi bui.  

L’ostilità di buona parte degli elettori resiste nei confronti del partito della Le Pen, nonostante le idee portate avanti dal suo partito siano state ridimensionate, ma non per questo diventate accettabili. La presidentessa dell’ex Front National (ribattezzato Rassemblement National nel 2018) ha preso le distanze con la linea dura del partito fondato da suo padre. Dice, per esempio, di non voler più reintrodurre la pena di morte, ma difende il carcere a vita “effettivo”, difende la laicità per nascondere la xenofobia, soprattutto quella contro i Musulmani. In più, l’opposizione a Macron si è intensificata in seguito alle misure antisociali da lui promosse come la diminuzione delle prestazioni sociali e la trasformazione tassa solidale sulla fortuna in tassa sui soli beni immobiliari e non sugli investimenti finanziari. 

La rielezione di Macron, benché urti l’ideale economicamente socialista, allevia la paura dello sgretolamento europeo. 

Il presidente ha convinto Angela Merkel sul programma di “Next Generation EU” e con Mario Draghi si è impegnato a riformare il Patto di Stabilità e Crescita ed a “europeizzare” il debito accumulato dai Paesi Membri per la pandemia. Vero, l’europeismo di Macron è un po’ ambiguo. La sua idea di politica di difesa europea ha un carattere intergovernativo che favorisce la leadership francese e, mentre chiede la riforma del patto di stabilità e di crescita, non vuole concedere l’autonomia fiscale a Bruxelles. Nonostante queste ambiguità e nonostante l’antisocialismo denunciato, soprattutto, dalla sinistra francese, possiamo applaudire alla scampata vittoria sovranista di Marine Le Pen che ha come perno la disintegrazione differenziata dell’Ue (andare indietro in ordine sparso). 

Se dice di non voler uscire dall’UE, la Le Pen propone “un’Europa delle nazioni”: uscire da trattati multilaterali secondo lei troppo vincolanti, stabilirne altri, di tipo bilaterale ovvero formare partenariati ad hoc nell’interesse nazionale (e nazionalista francese). La figlia di Jean-Marie Le Pen mira, inoltre, alla disintegrazione del mercato unico e all’instaurazione della priorità (l’esclusività in futuro?) francese nell’attribuzione dei posti di lavoro, l’assegnazione delle residenze, la fornitura dei servizi sociali. Il programma di Le Pen instaura una gerarchia tra cittadini: che si pensi alla possibilità di rifiutare cure mediche agli stranieri, alla demonizzazione della religione islamica (una delle misure presenti nel programma propone di sradicare i network islamisti). Una gerarchia basate sulla nazionalità, sul colore di pelle e sul ceto sociale se si pensa che la popolazione immigrata (extra-europea e dell’Europa orientale) è anche la meno abbiente. 

Possiamo evocare ancora misure sovraniste in materia di energia e finanza. La Le Pen aveva promesso, qualora fosse stata eletta, di far uscire il suo Paese dalla politica europea dell’energia e di incentivare, invece, il nucleare. La Francia sarebbe uscita dalla politica comune agricola e dal patto di stabilità e crescita. 

Dulcis in fundo, la Le Pen aveva proposto di limitare l’adesione della Francia alla Nato, ovvero uscire dal comando militare integrato continuando a rispettare l’articolo 5 che denuncia un attacco ad un membro dell’alleanza, considerato come un attacco a quest’ultima e che quindi prevede di reagire. Sì ma come? Via dalla Nato, quindi dagli USA e dalla Germania accusati di tutti i mali francesi. I dirigenti del Rassemblement National invocano spesso le differenze strategiche, soprattutto con la Germania, per quanto concerne il patto di stabilità.  Come compenso a tutte queste misure disgregative a livello europeo e atlantista, l’avvicinamento alla Russia (di Putin). Un’attitudine che denota una postura assai lontana dalla volontà di vedere e creare un’Europa comunitaria e federale, che sia uno scudo di pace come nello spirito federalista.

Piuttosto della disintegrazione annunciata dalla Le Pen, diamo il benvenuto al progetto politico di Macron che mira all’integrazione qualificata dell’UE (andare avanti con chi ci sta). Accogliamo quindi con favore la prospettiva tangibile di stabilità per l’UE, rassicurante per i cittadini europei in questi tempi incerti e guerriglieri.

Siamo tutti a dire “scampato pericolo”, per la Francia e per la stessa Europa, rispetto al nazionalismo lepeniano. Resta che Macron, con il 58% delle preferenze al ballottaggio, si è perso per strada, rispetto a cinque anni fa, una significativa fetta di elettorato. Il Paese è diviso e la destra nazionalista è solida, in Francia come in diversi altri Stati europei. L’opinione pubblica sta radicalmente mutando: l’antico scontro destra-sinistra, è ora un dibattito fra europeisti e nazionalisti. Non si parlerà più di uscire dall’Euro e dall’Europa: i sovranisti cercheranno di indebolire l’Unione da dentro, un pezzo alla volta.

La rielezione di Macron apre la strada alla trasformazione dell’UE in una vera federazione. Dopo la pandemia e la guerra in Ucraina ci sono le condizioni per dare seguito alle proposte della Conferenza sul futuro dell’Europa. Come diceva Jean Monnet, l’Europa si costruisce nelle crisi e Macron ha le carte in regola per esserne uno dei protagonisti. Se fallirà, l’onda nazionalista prenderà il sopravvento alle prossime elezioni. Non possiamo non osservare ciò che accade ai cugini d’oltralpe: il vento nazionalista soffia forte anche qui.

Sardine Europee