Nelle ultime settimane in molti, politici in primis, hanno continuamente parlato di crisi di governo.

Il periodo storico che stiamo vivendo da molti anni, tra i tanti cambiamenti, sta confermando la tendenza verso una progressiva “presidenzializzazione” della nostra repubblica, allontanandosi dalla proiezione parlamentare pensata dai nostri costituenti.

Si pensi al tentativo di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica o alle molteplici volte in cui è stato chiamato in causa all’interno dei dibattiti politici, ruolo che al capo dello Stato non è assolutamente concesso.

Tra gli esempi rientra anche il fallimento del governo 5S-PD-LeU-Iv.

Come avrete notato, l’arroganza di Renzi ha provocato una scissione nel governo, senza che in Parlamento ci sia stata una mozione di sfiducia. Lo dice chiaramente l’articolo 94 della nostra Costituzione: il governo deve avere la fiducia delle due Camere, e perciò solo le Camere possono ritirarla.

Il fatto che l’incrinarsi dei rapporti sia avvenuto nella sua interezza all’interno del governo, così come l’appellarsi ossessivamente a Mattarella, ha annebbiato completamente questo passaggio.Certamente il presidente del consiglio può dare le sue dimissioni senza passare dalla sfiducia parlamentare, ma solo quest’ultima è legittimamente riconosciuta come sovranità popolare.

La crisi doveva essere parlamentarizzata.

Quando Conte è andato alle camere, non si è trattato di una mozione di sfiducia, bensì di una semplice verifica della stabilità. La mozione di sfiducia è di esclusiva iniziativa parlamentare, e la crisi di governo da lì doveva passare, dalla sovranità popolare.

Non possiamo lasciare il governo, specialmente in un momento così importante e allo stesso tempo critico, libero di bisticciare al proprio interno come se nulla fosse.Il sistema parlamentare deve tornare ad essere il punto di riferimento dello stato, e in questi casi “imporsi”.

Auspico che prima o poi i parlamentari tornino ad avere reale senso delle istituzioni: quando accadrà, ogni crisi di governo dovrà passare dalla sovranità popolare. Il popolo è stato, anche questa volta, mortificato, lasciato come spettatore di uno spettacolo tragicomico.

È difficile dare un giudizio in merito alla decisione di Conte di presentare comunque le dimissioni a fronte di una maggioranza risicata. Ciò che è sicuro è che il Presidente del Consiglio poteva andare avanti, quantomeno fino alla presentazione del Next Generation EU all’Unione Europea ad aprile.

Peraltro, il 31 luglio di quest’anno inizia il semestre bianco, durante il quale Mattarella non potrà sciogliere le camere. I nostri politici avrebbero potuto essere maturi e responsabili: aspettare aprile e poi approvare una mozione di sfiducia.

Aver saltato “a piè pari” la mozione di sfiducia è un segno terribile per il funzionamento del parlamentarismo, e non è la prima volta che succede…tutt’altro!

Nella cultura politica del nostro tempo il Parlamento non appare più come l’istituzione che rappresenta il popolo, bensì un organo che rallenta i lavori e all’interno del quale si litiga e si grida. Nel mondo contemporaneo, dove la vita corre e qualsiasi cosa ormai va spedita e nessuno ha più tempo per nulla, il Parlamento appare, oserei dire, obsoleto, agli occhi della cultura politica.

L’uso smodato di decreti d’urgenza adottati dai governi passati è indicatore del cambio di velocità che caratterizza il nostro tempo, così come lo è anche la ricerca sempre crescente di uomini soli e forti al comando, il disgusto per il confronto e il dialogo, a cui segue il richiamo e il bisogno di ordine.

E, giusto per ribadire, anche il referendum sul taglio dei parlamentari è una vergogna che rientra a pieno in questa categoria.

Credo che sia necessario invertire la rotta immediatamente. Il Parlamento esiste per controllare l’operato del governo. I parlamentari, voce del popolo, sorvegliano le azioni dei ministri. Il governo dipende in senso assoluto dalle due Camere del Parlamento.

È stato errato appellarsi al capo dello Stato così disordinatamente: è stato trattato come il salvatore, la sola speranza per il paese. Ma è il Parlamento che deve entrare in gioco. Sono le Camere a dover dire “è il nostro turno, ora sta a noi fare e votare la mozione di sfiducia”.

Peraltro, dobbiamo ricordarci che il Presidente della Repubblica, organo monocratico, ha il potere di sciogliere le Camere (o anche una sola) sempre e solo dopo aver dialogato con i Presidenti delle stesse. Mattarella avrebbe quindi potuto sciogliere le Camere e indire le elezioni se non si fosse trovata una maggioranza per dare la fiducia al governo.

Il problema sta esattamente qui: la fiducia al governo non è mai stata revocata. Possiamo discutere tutto il tempo che vogliamo sulla debolezza della maggioranza, della sua instabilità, e giudicare successivamente le scelte fatte. Quello che non dobbiamo fare è dire che c’è stata una crisi di governo nata da una mancata maggioranza.

L’elemento essenziale è la mozione di sfiducia. E non c’è stata.

Non è mia volontà estremizzare ed esagerare la tesi finora sostenuta, ma mi preme fare un richiamo storico importante. In tutta la storia d’Italia, fu solo Mussolini a cancellare la fiducia parlamentare la Vigilia di Natale del 1925, posta invece proprio nelle mani del re, organo monocratico e “paragonabile” al Presidente della Repubblica, e nelle mani di Mussolini stesso, trasformato nel frattempo da presidente del consiglio a “capo del governo”.

Torniamo al parlamentarismo vero. Il popolo è sovrano.

Che bischeri che siamo.

Giovanni Greco