Se i teatri riaprono ma le tutele rimangono inesistenti

Nell’ultima assemblea delle Sardine abbiamo affrontato le problematiche dei lavoratori della cultura, parlando con Massimo Mezzetti, già assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna e oggi operatore culturale, e Fabio Mangolini, regista teatrale.

Il titolo della serata è stato “Dalla parte di chi lavora nella Cultura”.
Abbiamo voluto capire meglio quante vale la cultura in Italia e perché il mondo degli operatori culturali è ancora sottotutelato, precario e poco inserito in un disegno di formazione e diritti. 

All’interno del nostro movimento vi sono molte persone che lavorano, collaborano, investono in quello che in gergo tecnico viene definito Sistema Produttivo Culturale e Creativo nazionale.

Le sensibilità non mancano, ma non bastano. Ecco perché siamo scesi nelle viscere di un settore che in Italia conta per il 6,1% del PIL ma che ad oggi non ha ancora trovato un posto degno di nota nell’agenda politica nazionale. 

Partiamo dai dati, appunto. 

Dal Rapporto Symbola 2019, prima dello tsunami del Covid, si nota come il Sistema Produttivo Culturale e Creativo in Italia abbia sfiorato i 96 miliardi di euro (6,1% del PIL) e i 1,55 milioni di occupati, tra cui si contano molti giovani dotati di qualifiche elevate.

La filiera è cresciuta negli ultimi anni sia in termini di valore aggiunto che di occupati, registrando performance migliori dell’economia italiana nel suo complesso.

Cultura e creatività, molto più che altri settori, hanno un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia.

L’intera filiera culturale produce infatti 265,4 miliardi di euro, il 16,9% del valore aggiunto nazionale, col turismo come primo beneficiario di questo effetto volano.

Un dato su tutti: negli ultimi 15 anni il movimento turistico culturale (viaggi effettuati per motivi culturali) è cresciuto dall’11 al 44%. Eppure, solo il 10% degli introiti del turismo vengono reinvestiti nella cultura. 

Un altro problema riguarda quel mondo di invisibili spesso privi di tutele contrattuali, precari, sottopagati che lavorano nel mondo della cultura.

Sia chiaro, la condizione dei loro diritti era fatiscente anche prima del lockdown, ma questo ha fatto esplodere la questione in tutta la sua drammaticità come mai era accaduto dal dopoguerra a oggi.

Nel momento in cui si è trattato di erogare sussidi e “ristori” ci si è resi conto che a causa delle loro condizioni, molti di questi lavoratori e lavoratrici ne sono rimasti esclusi.

La pandemia in questo ha un pregio: ha sollevato il tappeto e scoperto la polvere fatta di precarietà e di “nero”. 

Ad oggi, la cultura e lo spettacolo sono stati messi in lockdown, per la seconda volta. Nessuno sa né può dire quando potranno tornare in funzione teatri, cinema, concerti, musei.

Il silenzio è calato su queste attività e se vogliamo che questo letargo sia propedeutico a una rinascita vera

dobbiamo fare i conti con i mancati diritti su cui già da prima della pandemia un intero mondo di professionisti, di lavoratori e di lavoratrici non potevano contare.

Non parliamo solo di artisti; parliamo anche di quelle maestranze tecniche che sono venute allo scoperto in questi mesi, persone fondamentali per il funzionamento di tutte le attività culturali e dello spettacolo.

La cattiva notizia è che purtroppo si registrano da decenni il vuoto e l’incapacità di rappresentare questi interessi da parte di tutto il mondo politico italiano: chi più e chi meno, nessuno è mai stato in grado di dare risposte all’altezza. 

La buona notizia è che una soluzione esiste: riconoscere nella pluralità delle professionalità attive in questo campo delle soglie universali di tutela, garanzia e formazione, sostenendo una legislazione avanzata che segua l’esempio di altri Paesi europei. 

Qualcosa si muove anche in Italia, dove nel silenzio dei media e nell’indifferenza di chi questo percorso dovrebbe guidarlo, due parlamentari.

Chiara Gribaudo e Alessandra Carbonaro, hanno depositato una proposta di legge

che in qualche modo agisce nella complessità e in un quadro generale strutturale dei lavoratori della cultura e in special modo dello spettacolo dal vivo.

Una proposta che si pone come obiettivo quello di rafforzare le tutele e i diritti dei lavoratori dello spettacolo e al tempo stesso di garantirne la semplificazione amministrativa e fiscale, favorendo l’emersione del lavoro sommerso e lo sviluppo di una riconoscibilità sociale del lavoro nel mondo dello spettacolo.

Accesso alla Naspi, indennità di malattia e maternità, creazione dello Sportello unico per lo Spettacolo Occasionale, sono solo alcuni esempi degli obiettivi di questa proposta di legge.

Per quanto ci riguarda, il confronto è iniziato.

Abbiamo cominciato a parlarne fra noi, a studiare. Chi ben discute è a metà dell’opera. Vogliamo definire una strategia che rompa con lo schema di chi pensa di “usare” il mondo dello spettacolo e della cultura per propri tornaconti e metterci dalla parte di chi lavora, per rappresentarne i bisogni, le angosce e le giuste rivendicazioni.

Francesco Gugliotta
Mattia Santori