Venticinque anni fa si compiva il più brutale genocidio di un gruppo etnico in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Venticinque anni fa, nella città di Srebrenica, furono uccisi più di ottomila musulmani bosniaci.

Il genocidio si inserisce in uno dei più complessi, caotici e sanguinosi periodi della recente storia del nostro continente. Dal 1992 la guerra in Bosnia vide contrapporsi serbi, croati e musulmani; il conflitto sarebbe cessato nel novembre di tre anni dopo, quando gli accordi di Dayton posero fine alla guerra. Anche se, purtroppo, le ostilità nei Balcani non sarebbero cessate in quel momento.

Di quanto successo a Srebrenica, tuttavia, non si parla abbastanza. Non viene studiato a scuola, né viene ricordato nel dibattito pubblico. Nonostante le varie condanne e le documentazioni dei crimini contro l’umanità, molte persone sostengono tenacemente che tale genocidio non sia mai avvenuto.

Eppure, ciò che è accaduto in Bosnia non può non rientrare nella nostra memoria storica. In quanto cittadini, in quanto europei. Il massacro è accaduto davanti agli occhi della comunità internazionale, colpevolmente rimasta a guardare. A due passi da noi, davanti ai nostri occhi. 

La strage di Srebrenica, a distanza di 25 anni, ci ricorda quanto sia pericolosa la diffusione dell’odio nei confronti del “diverso”, si tratti di etnie, nazioni o religioni. E assume un’importanza ancora maggiore oggi, dato che le forze nazionaliste e le tensioni tra i gruppi etnici sono tornati ad emergere e a diffondersi in tutto il mondo.

La divisione sociale e l’individuazione del nemico, così frequente nel dibattito pubblico degli ultimi anni, non dovrebbe mai essere presa alla leggera. Nella storia più e meno recente dell’umanità, questo è stato il primo passo verso la catastrofe. Per questo, coltivare la memoria storica deve essere il primo compito di un buon cittadino, di ogni europeo. Ed europeista.

L’Unione Europea si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti alle minoranze. 

Per questo le affidiamo il sogno di una società che sia non solo pacifica, ma anche in grado di esprimere e valorizzare la propria multiculturalità. Solo così ciò che è successo venticinque anni fa non si ripeterà mai più.