Il 27 maggio 2020 la Commissione Europea presenta un piano di rilancio economico per l’Europa denominato ‘’Next Generation EU’’. Si tratta di una cifra senza precedenti: 750 miliardi di euro. Quattro volte il Piano Marshall della Seconda Guerra Mondiale.

L’Italia sarà il Paese a beneficiarne di più con 209 miliardi, in parte a fondo perduto 

Il Recovery Plan italiano ad ora è una bozza di 172 pagine con molti buoni propositi ma il prof. Caselli dell’Università Bocconi spiega che nel testo non è scritto come raggiungere, implementare e attuare questi obiettivi nel dettaglio. Oltre al fatto che le cifre di spesa sono molto generiche. Prendiamo ad esempio il capitolo ‘’Digitalizzazione’’. Gli obiettivi sono interessanti e di buonsenso ma la cosa più importante da valutare resta come pensano concretamente di raggiungere questi obiettivi. 

I dati della Commissione Europea ci collocano infatti al venticinquesimo posto in Europa dopo Slovacchia e Croazia per il livello di digitalizzazione dei servizi pubblici, la velocità della connessione internet e le competenze digitali dei cittadini.

Questo deficit di digitalizzazione, durante la pandemia, ha reso difficile lo smart working per alcune categorie. Molti studenti, in particolare nel Mezzogiorno, non sono riusciti a seguire efficacemente le lezioni a distanza trovandosi negato il diritto costituzionale all’istruzione. Questo clamoroso fallimento si è verificato nonostante l’UE dal 2014 ci abbia erogato 3,1 miliardi di euro in fondi per il digitale. La maggior parte di questi non siamo riusciti a spenderli e dovremo ridarli indietro. 

Lo stesso discorso vale anche per tutte le altre voci di spesa del Recovery Plan, le quali rischiano di rimanere solo buoni propositi che non verranno mai concretamente attuati. 

A differenza nostra, la Francia ha già presentato in modo dettagliato un piano da 100 miliardi, denominato France Relance

Le prima cose che colpisce del testo francese è il largo spazio dedicato ai giovani. Non a caso, il vero nome del Recovery Fund europeo è ‘’Next Generation EU’’. 

Sono molteplici gli incentivi dedicati ad assumere i giovani o a far diventare loro stessi imprenditori. La chiave è una: creare posti di lavoro.

Un’altra cosa che colpisce è il modo dettagliato in cui è scritto il testo. Oltre alle cifre di spesa enunciate nei minimi particolari, ogni progetto è accompagnato da una descrizione di come verrà concretamente attuato. Sono già stati nominati una serie di viceprefetti che dovranno vigilare su come verranno spesi i soldi e sui risultati. 

Sul sito del governo francese si può già vedere giorno per giorno la nascita dei nuovi progetti e il loro stato di avanzamento. Le aziende possono presentare la loro candidatura per ottenere i finanziamenti tramite un semplice click. 

Il piano France Relance è così esemplare che i giornalisti di Rai3 sono andati a intervistare i funzionari del ministero dell’economia francese chiedendogli come fossero riusciti a fare tutto questo lavoro in così breve tempo e in modo così efficace.

Da italiano mi sarebbe piaciuto vedere tessere le lodi e l’efficacia anche della nostra macchina statale. Ogni anno la Pubblica Amministrazione italiana costa circa 100 miliardi di euro. Com’è possibile che i ministeri e la maggior parte degli enti locali non riescano a programmare ed utilizzare efficacemente i fondi che vengono stanziati? Perché noi cittadini dobbiamo pagare decine di task force nominate per fare i lavori al posto dei ministeri? 

La crisi economica che ha portato alla nascita del Recovery Fund

Secondo i dati ISTAT alla fine del 2020 hanno chiuso 73mila aziende. Di queste, oltre 18 mila non riapriranno più.
Per rendere l’idea, Federalberghi scrive che solo il settore turistico nel 2020 ha perso 100 miliardi di euro con un calo del fatturato del 60% e il 2021 si prospetta come un anno altrettanto nero. Gli Stati a vocazione turistica come Italia e Spagna sono quelli che stanno soffrendo di più la crisi economica; pensiamo a città ora deserte come Venezia o Firenze, la cui economia ha come pilastro il settore turistico. 

In generale oltre due terzi delle aziende italiane hanno avuto un importante calo del fatturato e, se il blocco dei licenziamenti non verrà prorogato, da aprile si prevede una pioggia di licenziamenti. Oltre all’imprenditore, intorno a un’impresa gravitano i dipendenti e le loro famiglie. Contando un nucleo famigliare medio di tre persone il 2020 ha portato a circa 220 mila nuove persone a rischio povertà. 

Cifre da far rabbrividire siccome stiamo considerando solo le piccole imprese con pochi dipendenti. Se contassimo anche quelle medio-grandi, staremmo parlando a lungo termine di milioni di nuovi potenziali poveri nel periodo 2020-2021.

Ricapitolando, solo nel 2020 c’è stato un aumento vertiginoso dei disoccupati: +440 mila, che si vanno ad aggiungere a quelli già esistenti (circa 2,3 milioni). 

Alla luce di questi dati, è ormai evidente che nel 2022 rischia di esplodere una bomba sociale, come sottolineato dalla CGIL, che potrebbe avere pesanti conseguenze per la tenuta democratica del Paese.
La storia ci insegna che durante le più profonde crisi economiche, se gestite male, salgono al potere regimi autoritari che cavalcano il malcontento della popolazione.

Come accade in tutte le crisi economiche, ad essere più colpite sono le fasce della popolazione vulnerabili come i giovani e le donne. 

Tra il 2014 e il 2020 dall’UE abbiamo ricevuto ben 73 miliardi di euro in fondi europei come occasione di sviluppo per i nostri territori

Di questi ne abbiamo spesi solo il 30% e a volte in modo dubbio.

Secondo l’Ufficio di valutazione di impatto del Senato, l’85% delle frodi sui fondi UE avviene nel Mezzogiorno. 

Un esempio lampante sono i 142 milioni destinati all’agricoltura pugliese, i cui prestigiosi ulivi sono stati colpiti dalla Xylella. La Regione Puglia ha impiegato 2 anni per pubblicare il bando, scritto in modo errato e quindi dovuto rifare dopo 5 anni. 

Dopo 5 anni, molti dei giovani imprenditori che speravano in questi fondi per creare lavoro in Puglia hanno abbandonato la regione e sono, come tanti giovani talenti italiani, emigrati all’estero. 

Negli ultimi decenni l’Europa ha erogato svariati miliardi per alcune strade fondamentali siciliane e per lo sviluppo generale della Regione, riconoscendone l’altissimo potenziale. Alcuni lavori non sono mai iniziati. Altri sono bloccati per errori di progettazione, indagini, corruzione e un sistema burocratico-amministrativo inefficiente. 

Ha fatto scandalo anche la vicenda del depuratore acque di Ragusa. Come rende noto la Rai, il Comune ha ricevuto 33 milioni di euro per renderlo a norma e ben funzionante. 

Questi fondi sono fermi dal 2012 perché la macchina amministrativa siciliana non è in grado di spenderli, nonostante non sia affatto a corto di personale. A causa dell’inquinamento delle acque e degli scarichi a cielo aperto, alcune splendide aree del ragusano non sono balneabili. 

Oltre al danno la beffa: la Regione Sicilia ogni anno paga 60 milioni di euro di multa all’UE perché gli impianti di depurazione non sono a norma. 

Dunque, un’altra domanda sorge spontanea: cosa succederà se anche i miliardi del Recovery Fund verranno sprecati?

Una cosa è certa: perderemmo la totale fiducia dell’Europa e in futuro saremo lasciati soli, senza alcuna credibilità e con una crisi economico-sociale esplosiva. 

Andrea Sartorio

Fonti