Risale a pochi giorni fa la bufera scatenatasi contro il docente universitario Giovanni Gozzini a causa delle sue esternazioni su Giorgia Meloni.
Su Internet si trova un video in cui la definisce “pesciaiola”, volendone “stigmatizzare il livello di ignoranza e di presunzione”. Di ignoranza perché Giorgia Meloni non avrebbe con “ogni evidenza” mai letto un libro e di presunzione perché si sarebbe rivolta da pari a pari a un nome come quello di Mario Draghi.
Che si stimi o meno Draghi, questa è un’affermazione classista.
Draghi non è un sovrano di fronte al quale ci si deve inchinare o genuflettere. Il rispetto per una persona non equivale a un gap tra cittadini e loro rappresentanti. Il signor Gozzini è un professore universitario con una carriera professionale di tutto rispetto. È possibile che non riesca a contenere il suo dissenso emotivo canalizzandolo in argomentazioni degne della sua funzione culturale?
Spostandosi in un’altra nazione e in un altro contesto una disputa universitaria sembrano prendere un’altra strada. A dicembre scorso la docente universitaria Dr. Maureen Maisha Auma, che insegna Diversity Studies all’università Magdeburg-Stendal, è stata intervistata dal quotidiano Der Tagesspiegel in occasione della quarta giornata di approfondimento scientifico e sensibilizzazione organizzata dall’associazione degli istituti di ricerca berlinesi sulla questione femminile e di genere.
L’anno scorso tale giornata era focalizzata sul tema dell’intersezionalità, vale a dire sulle interconnessioni che esistono tra diverse categorie, quelle di classe, etnia, genere e così via. Prendendo ad esempio un caso di protesta contro la discriminazione respinto dalla corte statunitense negli anni Settanta, la studiosa ha spiegato che spesso si intersecano diversi pattern di discriminazione nei confronti di un determinato gruppo sociale: donne di pelle nera vengono discriminate doppiamente per il colore della loro pelle e perché sono donne. Sosteneva inoltre che singoli o collettivi subalterni che sono oggetto di discriminazioni multiple sono meno visibili di coloro che almeno parzialmente hanno un accesso privilegiato alla sfera pubblica.
Lei stessa ammette di essere, in quanto docente universitaria nera, in una posizione di maggiore visibilità e privilegio rispetto alle numerose “Women of Color” che lavorano nel settore terziario di rilevanza sistemica e mettono attualmente a rischio la propria salute. Queste donne sono quelle che lei vede entrare all’università solo la mattina presto o la sera, per fare le pulizie. Secondo la studiosa, di giorno le università tedesche continuano ad essere istituzioni “bianche, un ambiente prevalentemente omogeneo che riproduce se stesso”.
Alla domanda su quanto siano radicati razzismo e sessismo nel panorama universitario tedesco, la docente risponde che entrambi i pattern di esclusione sono molto attivi in tale ambiente. Il numero delle docenti universitarie donne rimane minore rispetto a quello presente in altre nazioni europee, per non parlare di quello di professori neri o di ricercatori di pelle nera con un posto di lavoro stabile presso le università tedesche. Facendo un confronto con la multietnicità che contraddistingue Berlino, la Dr. Auma sostiene che “la composizione del personale scientifico delle università di Berlino non rispecchia minimamente la realtà cittadina post-migratoria.”
A questa intervista è seguito l’ennesimo attacco da parte del partito Alternative für Deutschland (AfD) nella persona di Hans-Thomas Tillschneider.
Secondo Tillschneider la doppia discriminazione subita dalle donne nere nelle università tedesche sia una leggenda. Casomai sarebbe il contrario. Secondo questo politico dell’ala estrema dell’AfD la selezione di professori universitari in Germania peccherebbe semmai di una eccessiva tendenza a favorire le donne e i neri per timore di apparire sessista e razzista. Afferma che questa presunta discriminazione di determinati gruppi celi un’offensiva dei relativi lobbisti per raggiungere una posizione iperprivilegiata dei propri gruppi. Al rilievo sulla prevalenza di docenti e studenti bianchi nelle università tedesche Tillschneider ribatte che quello della signora Auma altro non è altro che “goffo razzismo contro i bianchi e lobbismo per i migranti provenienti dall’Africa”. Conclude il suo discorso affermando che non ci si deve far intimidire da sedicenti antirazzisti che sono in realtà i peggiori razzisti. Quest’ultima affermazione mi suona vagamente familiare.
Esaminando i due discorsi a Nord e a Sud delle Alpi si nota che il linguaggio dei due uomini nei confronti delle due donne non è lo stesso.
Tillschneider ha alle spalle una carriera universitaria in nuce, è un islamista la cui tesi di dottorato ha ottenuto riscontri positivi in ambito universitario e sa che una disputa accademica richiede l’uso di determinati registri linguistici. Ha dato dell’ingenua, nel migliore dei casi, e della bugiarda nel peggiore, nonché della razzista alla docente di Diversity Studies e definito come arbitraria la prospettiva intersezionale di studio da lei adottata. Lo ha fatto con un linguaggio pseudoaccettabile in ambito accademico. Si è però scordato di fornire i dati che provassero quella che lui chiama la tendenza delle università tedesche a dare la preferenza ai candidati neri e alle donne. È certamente vero che le università tedesche riservano una quota di ammissioni agli studenti stranieri ma stando ad alcuni dati statistici di qualche anno fa la stragrande maggioranza degli studenti di tali atenei sono tedeschi. Tillschneider non porta neanche dati a sostegno della sua tesi secondo la quale quello della Dr. Auma sarebbe un razzismo contro i bianchi. Il razzismo contro i bianchi esiste e teoricamente la Dr. Auma potrebbe avere un atteggiamento razzista verso i bianchi del quale non è consapevole, ma uno studioso che si rispetti deve portare dati a sostegno delle tesi che sostiene, non basta sventolarla senza dimostrarla.
Nel caso del Prof. Gozzini le cose sono andate diversamente.
Sebbene le sua carriera universitaria sia più solida di quella dell’islamista tedesco, ed è umiliante che persino un rappresentante dell’ala di estrema destra di un partito di destra tedesco si sia dimostrato superiore in fatto di metodo. Tra l’altro Giorgia Meloni è abilissima a ribaltare le proprie figuracce in consensi sonanti, figuriamoci le offese che riceve. Lui si è scusato e il rettore dell’Università di Siena ha affermato che saranno valutati provvedimenti disciplinari a suo carico, perché ognuno è responsabile delle sue azioni. Più che un’espulsione dalla facoltà che dubito lo renderà un uomo migliore, mi piacerebbe che facesse pace con il proprio cervello e usasse tutte le risorse a sua disposizione per argomentare il suo dissenso in modi più consoni alla cultura che ha fatto propria. Anche se Giorgia Meloni non avesse mai letto un libro, affermazione per la quale il docente italiano non ci ha offerto neanche una parvenza di prova, si spera che in futuro Giovanni Gozzini potrà dimostrarci che averne letti molti è servito a fare di lui una persona più sapiente.
Paola Pomioli