Parlare di Alessandro Pertini, detto Sandro, è facile e difficile insieme, perché si rischia di farlo in modo paludato, accademico, trasmettendo un’immagine quasi conformista di un uomo che invece ha sempre rifuggito ogni collocazione iconica o commemorativa. Il presidente ha sempre rivendicato con orgoglio la sua storia personale. Ma la cosa che più colpisce è che lo ha fatto con una semplicità sconvolgente. Pertini infatti non ne è mai stato condizionato verso un eccessivo formalismo o rigidi stereotipi, che il compito di Presidente della Repubblica poteva sottintendere. E non è certo per questo venuto meno alla rappresentatività di Capo dello stato, ruolo che, al contrario, ha svolto e interpretato perfettamente. 

Si, perché Alessandro Pertini detto Sandro (e già il diminutivo è di per sé indicativo), è sempre stato sé stesso, l’uomo Pertini, popolare e non populista. Nessun pregiudizio politico, partitico o ideologico ha compromesso o contaminato le sue azioni, in un’Italia difficile, divisa e divisiva, che lui ha avuto la capacità, rara, di unire, al di là e oltre ogni opposto pensiero, “sentimentalmente”. 

Sandro Pertini è stato l’unico vero Presidente Pop che abbiamo avuto, nel senso più bello del termine: pop come popolare, con il popolo, per il popolo. Popolare e non populista.

“Credo che una delle parole giuste da usare per Sandro Pertini sia immedesimazione. Quando si pensa alla vittoria dei mondiali di calcio della nostra nazionale nel 2006 la prima immagine che viene in mente può essere il rigore di Grosso o Cannavaro che alza la Coppa…ma quando si pensa alla vittoria nel 1982 ecco che la prima immagine che viene in mente è quella di Sandro Pertini in tribuna con i pugni alzati che esulta come un matto. Ecco, può sembrare banale, ma per me è sempre stato così”. Questo è il motivo che ha fatto amare Pertini: Pertini il partigiano, Pertini il combattente di mille battaglie, Pertini l’uomo onesto, normale, lontano dai riti codificati del Quirinale. Pertini che cammina a piedi per Roma e si ferma a chiacchierare tranquillamente. Pertini, appunto, che esulta con i pugni alzati in uno stadio e nel viaggio di ritorno gioca a carte sull’aereo. “Il presidente dietro i vetri un po’ appannati fuma la pipa, il presidente pensa solo agli operai sotto la pioggia” (A. Venditti)

Veramente uno di noi, senza retorica, e soprattutto un uomo di Stato. Ci si dimentica troppo spesso del vero significato di questa definizione, che al contrario dovrebbe caratterizzare chiunque si dedichi alla cura della Res Publica. Il rappresentante di tutti. 

Non oso pensare a come reagirebbe oggi, di fronte a questo “inverno dello spirito” che ormai è arrivato e ha prodotto danni irreparabili non solo nella politica, ma nella mente e nell’anima di troppi italiani. Che sta producendo indegni comportamenti che ci riportano, non solo con la memoria, a periodi bui della nostra storia, quando dal sonno della ragione sono stati partoriti mostri. 

Ecco, Pertini, il suo ricordo, il suo insegnamento, devono aiutarci a non cadere in quel baratro intellettuale ed etico che ci riduce a stolidi, mostruosi esseri senza anima. Come disse una volta: “battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà, senza la giustizia sociale, non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame. Non può esserci libertà senza giustizia sociale e non può esserci giustizia sociale senza libertà”.

Ancora oggi, queste sono parole rivoluzionarie. 

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