È curioso pensare che tutto sia nato da un messaggio mandato a tre amici nel pieno di una notte insonne.

Classica “nottataccia”, pensieri che affollano la mente, stanchezza pesante, di quelle che non lasciano dormire. Lavoro, fidanzata, amici, problemi e politica… Tutte sfaccettature della stessa mancanza di sonno.

Il messaggio, mandato alle 3:54, cita : “ho bisogno di parlarvi, è urgente”.

Qualsiasi amico ad un messaggio del genere si sarebbe subito spaventato. Avrebbe pensato al peggio, e così è stato fino all’incontro stabilito per il giorno dopo, a pranzo, in quella casa che fu la casa di tutti, la casa che tutti e quattro avevano condiviso per alcuni anni.

Due chiacchiere, ci si racconta del più e del meno e si arriva presto al dunque. Al perché dell’incontro.

Salvini stava vincendo nei sondaggi, descriveva l’Emilia Romagna come una terra da “liberare”, pronta ad abbracciare la Lega.
C’era Salvini che, reduce dal Papeete e dalla conseguente caduta di Governo, si ammantava del titolo di “Capitano”, cercando di far credere che questo lo rendesse imbattibile.

Lo scopo dell’incontro era, dunque, comunicare un malessere e condividere una volontà, subito diventata di tutti: fare qualcosa per cambiare il corso degli eventi, senza restare con le mani in mano nelle vesti di spettatori di una campagna elettorale dal copione già scritto.

In quella cucina in cui tutto ha avuto inizio si respirava un’aria elettrizzante di cambiamento.

C’era la volontà di dare alla città una voce ferma ma pacifica,
di offrire una contro-narrazione alla retorica leghista.

C’era la volontà di mandare un messaggio forte e chiaro a tutta Italia:
“Bologna non si lega”.

C’era il desiderio di prendere in mano le nostre vite e di impegnarle per difendere i valori della vera politica e della cittadinanza attiva.

Di qui l’idea di organizzare la manifestazione in Piazza Maggiore.
Ci sarebbero dovute essere 6000 persone, 6000 corpi fisici per dimostrare che “Bologna non abbocca”.

La decisione di una Piazza è simbolica per quello che sono e fanno le Sardine: le Sardine sono nate per coinvolgere, per fare inviti, per offrire un meglio ad un peggio che non ha mai fine.

Doveva essere una Piazza, però, senza bandiere, non violenta, che esprimesse il suo disappunto attraverso il silenzio e l’ascolto, attraverso poche parole ma terribilmente belle: una canzone.

Perché l’ascolto e le parole possono cambiare il mondo.

Il nostro motore era ed è l’esempio.
Perché per poter cambiare le cose, devi essere tu il primo a cambiare ed essere “il cambiamento che vorresti vedere nel mondo”.

Quel pranzo fu la prima goccia. Seguì una settimana intensa per curare tutti gli aspetti logistici, dai permessi alla sicurezza, passando per gli inviti diffusi, tra canali social e giornate intere passate a fare volantinaggio in via Zamboni tra una telefonata e l’altra, dormendo veramente poco.

Ma questa è un’altra storia che vi racconteremo Domenica prossima alla stessa ora.

A presto!