Il governo dei migliori ha deciso di non inserire nella legge di bilancio i ì fondi per sostenere il cosiddetto Bonus Salute Mentale, necessario per aiutare le persone che decidono di rivolgersi a uno psicologo, uno psicanalista, uno psichiatra, uno psicoterapeuta.

Le difficoltà di questo periodo storico, siano esse di stampo economico o sociale, si riversano spesso sulla psiche umana, causando danni individuali che si riflettono sulla collettività, toccando spesso anche noi giovani. Sono molti i componenti della classe giovanile che tra l’ambiente scolastico e quello familiare necessitano di aiuto. 

La salute mentale non viene considerata qualcosa di importante tanto che, quando si parla di salute, di benessere, si pensa sempre soltanto alla salute fisica, tralasciando il benessere psichico, quello interiore. Che poi, ormai, lo dovremmo sapere bene: si può parlare davvero di benessere solo quando questo non riguarda solo il corpo, ma l’essere umano nella sua totalità.  

Cosa significa? Che una persona si trova in uno stato di benessere solo nel momento in cui presenta uno stato di benessere che riguarda sia l’aspetto  fisico, sia quello psicologico e sociale. Se ne viene a mancare uno, non si può parlare di benessere.

Dopo la pandemia, il numero di italiani che hanno richiesto un servizio psicologico è aumentato ben del 63% e, tra questi, circa il 30% non ha le possibilità economiche per intraprendere un percorso di psicoterapia: il bonus psicologico permetteva di aiutare proprio queste persone, offrendo loro circa 50 milioni di euro.  

Il bonus doveva essere suddiviso in due tipologie:  35 milioni di euro dovevano andare ai cittadini maggiorenni i quali non avevano ottenuto una diagnosi di disturbo mentale, con possibilità di accedere a un contributo da 150 euro ogni 2 anni. L’altra tipologia, invece, prevedeva  l’erogazione di  sussidi, partendo da 400 euro, sulla base del reddito di chi ne avrebbe fatto richiesta.

In Italia sono presenti circa 130mila psicologi. Tra questi, solo una minima parte, il 5%, lavora in strutture pubbliche. Ecco il motivo per cui siamo costretti a rivolgerci a strutture private per intraprendere un percorso psicologico, dovendolo poi abbandonare a causa delle mancanze economiche. 

Lo stress post pandemia ha toccato tutte e tutti noi. Da chi già soffriva di problemi psicologici (i cui sintomi sono andati ad aumentare e peggiorare), ai lavoratori i quali hanno sentito degli effetti economici, perdendo il lavoro e non riuscendo a portare avanti la famiglia, fino ad arrivare agli effetti sugli adolescenti e verso il personale sanitario. Questi ultimi hanno subito degli effetti pandemici a lungo termine, sviluppando uno stato di burnout. I medici sono generalmente esposti a questo stato di stress ma, in questi ultimi due anni, i casi di burnout sono aumentati.  

Tanti sono gli stimoli stressanti a cui sono stati esposti, all’improvviso, come le scelte che hanno dovuto fare nei reparti Covid-19 per salvare il maggior numero di vite, facendo nascere in loro dei sensi di colpa, in quanto ne hanno dovute sacrificare altre; l’alto numero di morti, appunto, e i lunghi turni di lavoro che sono stati costretti a svolgere. Conseguenza non solo di una situazione emergenziale ma di tagli storici al sistema sanitario. 

Tornando a parlare di dati, tra i pazienti Covid-19, in Lombardia, è stato riscontrato che circa il 30 %  ha sviluppato un Disturbo post traumatico da stress e, un altro 30%, una depressione maggiore.  Questi, insieme agli stati d’ansia, sono aumentati fino a 4 volte rispetto alla condizione pre-pandemia (dati del 23 novembre 2021).

Insomma… andare dallo psicologo non è qualcosa che riguarda soltanto quelle persone con  patologie. Tutt’altro, riguarda tutte e tutti. 

Significativi sono i casi di ansia e depressione in crescita tra gli adolescenti, i quali a causa del lungo isolamento forzato si sono sentiti sempre più soli. 

Pensiamo ai disturbi alimentari, agli attacchi di panico, ai casi di suicidio, al dover fare i conti con se stess* e con le proprie emozioni, soprattutto negative.

Le scuole si stanno attrezzando con sportelli psicologici per alunn* e personale docente. Ma il “tempo offerto” non basta: a disposizione si hanno al massimo due incontri nell’arco di tutto l’anno scolastico, tempo non sufficiente per affrontare problematiche così importanti e per affrontare, in riferimento maggiormente al contesto scolastico, le difficoltà di apprendimento, cresciute a causa della dad. 

Nonostante ciò, a essere in programma e a darci una prospettiva di fiducia, è che si prospetta per questo 2022 un aumento dei fondi, rispetto a quelli previsti dalla legge del 27 dicembre 2006 numero 296, di circa 20 milioni di euro, con il fine di supportare psicologicamente il personale scolastico, student* e le loro famiglie.  

Da non dimenticare, infine, sempre nell’ambiente scolastico, sono i ragazz* con bisogni educativi speciali i quali, vivendo spesso situazioni di disagio sociale ed economico, sono stat* abbandonati a loro stess*. 

Nonostante il silenzio da parte del governo, i cittadin* hanno preso a cuore questo argomento. È stata lanciata una petizione per dare vita al Bonus Psicologico che, nel giro di poco tempo, ha già raggiunto più di 200mila firme.                                             

Si chiede quindi che almeno gli Enti e le Istituzioni preposte cerchino di rispondere alle esigenze delle fasce più fragili attraverso programmi o progetti volti a favorire, anche in termini economici, aiuti concreti e mirati.

Si badi attenzione, non chiediamo carità, ma diritti e uguaglianza per chi ha bisogno di una mano, perché chi è in difficoltà va aiutato.

Alessandra Quarto

 

Fonti e approfondimenti

Psico 

Psicologia dietro l’angolo