Emanuele III è fuggito dall’Italia. Umberto II ha lasciato l’Italia. La Repubblica ha vinto: I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive.

Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale. Dal 2 giugno 1946, l’Italia è una Repubblica, e la monarchia che invano tentava di rimanere attaccata al trono è caduta. Tra le molte scelte coraggiose di quel periodo, due fondamentali sono 1) aver affidato al popolo la scelta dell’assetto istituzionale e 2) aver premiato la Repubblica.

Il territorio italiano era sempre stato dominato da monarchie, e anche all’estero le repubbliche non erano forme di governo comuni. Il popolo italiano ha dimostrato notevole maturità politica nell’aver scelto per la Repubblica, un coraggio che va associato alla condanna dei Savoia e alla voglia di cambiamento rispetto ad un ventennio nero fatto di violenza, galera, morte. 

È vero, ha vinto la Repubblica, ma c’è tuttavia un’osservazione che non può essere tralasciata, ovvero il fatto che la vittoria della repubblica non è stata schiacciante.  

La distribuzione dei voti ha visto al Sud una vittoria marcata della monarchia, della repubblica al Centro e al Nord: l’Italia si mostrò letteralmente divisa in due. I repubblicani temevano la vittoria della monarchia, tanto che il ministro Romita (repubblicano) fece la sua politica di parte posticipando a dopo il 2 giugno le elezioni amministrative meridionali, le quali altrimenti avrebbero potuto incidere negativamente (secondo la prospettiva repubblicana) sul referendum.

L’esito referendario è stato al centro dell’attenzione delle madri e dei padri costituenti: la Costituzione già nel suo primo articolo pone il concetto di repubblica democratica, mentre l’ultimo sancisce il divieto di emendare l’assetto repubblicano dello Stato. Da non dimenticare poi la disposizione transitoria sopra citata, abrogata poco meno di sessant’anni dopo il referendum. Le istituzioni repubblicane sono sicuramente consolidate nella nostra società e nella nostra cultura politica, ma è altrettanto stimolante dare un’occhiata all’idea di monarchia presente oggi in Italia.

La monarchia nell’Italia repubblicana del 2021 vive un’epoca di silenzio. 

Non esiste ad oggi un partito monarchico, come è stato invece nella Prima Repubblica. L’idea di monarchia nel presente è portata avanti essenzialmente da due figure: da una parte abbiamo Emanuele Filiberto di Savoia, nipote di Umberto II, dall’altra il movimento neoborbonico, fondato da Gennaro De Crescenzo nel 1993. Pur essendo figure entrambe sostenitrici della monarchia, non possiamo dire che lottino a braccetto per un’idea comune.

Infatti, mentre i Savoia si ostentano ancora a credere che l’Italia abbia necessità di un punto di riferimento da loro rappresentato, i neoborbonici rivendicano i crimini commessi dal 1860. Non è una prospettiva possibile l’alleanza tra i due in nome di una vaga immagine di monarchia. Né i Savoia né il movimento neoborbonico hanno intenzione di concorrere alle elezioni; al Sud perché il movimento vuole prima affrontare una campagna per far risvegliare e maturare una coscienza meridionalista nel popolo, i Savoia avevano invece portato avanti l’iniziativa di un movimento dal nome Realtà Italia, ma l’ultimo post dell’omonima pagina facebook è di luglio 2020, così come è caduto in disuso l’hashtag #meravigliaitalia, scelto per fare propaganda al progetto. 

Fece scalpore alla fine del 2019 lo spot, che diventò rapidamente virale, nel quale Emanuele Filiberto annunciava che i reali stanno tornando. Il video ha una durata di 29 secondi, ma fa intravedere le ragioni per cui alcuni sono a favore della monarchia. Nel filmato infatti si susseguono le parole chiave tranquillità, fiducia ed eleganza, le quali rilanciano immagini di una vita che l’Italia sta faticando a concedere ai cittadini. Il video d’altronde va inserito nel contesto politico attuale, in cui la credibilità nella politica è bassa e le condizioni socioeconomiche si fanno sempre più precarie. Servirebbe un’analisi a sé per capire se effettivamente il monarca possa assolvere la funzione di contrastare il disorientamento generale. 

L’ascesa degli ideali monarchici non è oggi una minaccia, anche grazie al ripudio della monarchia che si respira nella nostra costituzione. 

Un ripudio che non è meramente ideologico, bensì proviene da giustificazioni storiche precise; peraltro non tutti concordavano, come ad esempio Togliatti, con la scelta di far coincidere referendum ed elezioni nella stessa data. Se una tesi a sostegno della monarchia oggi potrebbe essere la stabilità, altre ragioni si sono esaurite, almeno in parte, con il referendum del 1946. In un’intervista del 6 giugno 2016, Oscar Luigi Scalfaro affermava di aver votato per la monarchia come forma di rispetto per la tradizione, in quanto la sua famiglia era sempre stata vicina ai Savoia. Un voto giovane il suo -era ventisettenne- e si può affiancare a quello del ventiduenne Eugenio Scalfari, che era liberale e crociano e per questo votò per la monarchia. Croce sosteneva infatti che le istituzioni repubblicane non sarebbero state in grado di arginare la pressione del Vaticano: un Paese repubblicano guidato dalla Democrazia Cristiana spaventava. 

Tuttavia, Vittorio Emanuele III ha dimostrato che la monarchia non è infallibilmente indipendente, piegando l’Italia completamente al volere di Mussolini. Altra ragione per cui la vittoria della repubblica spense gli animi dei monarchici è stata la totale accettazione dell’assetto repubblicano da parte della maggior parte dei partiti, oltre al fatto che molti di coloro che votarono monarchia lo fecero più per tradizione che per convinzione ideologica. In contrapposizione allo spirito monarchico si trovano le fondamenta di ogni repubblica, che si identificano nel ruolo centrale del popolo nell’assetto politico, istituzionale e culturale.

La sovranità popolare, oltre ad essere giusta secondo il diritto naturale, ha mostrato di essere un antidoto contro corruzione e poteri illegittimi. 

Vivere la Repubblica oggi significa prima di tutto questo, riconoscere il ruolo unico del popolo. Mentre il monarca è scelto da una divinità o dai legami di sangue, il Presidente della Repubblica è eletto dalle camere in seduta comune, che -in teoria- rappresentano il volere del popolo. Nonostante esista l’opinione secondo cui la Repubblica opprime il popolo quanto una monarchia (Bakunin, Stato e Anarchia), oggi possiamo limitarci ad osservare che in realtà la repubblica può essere fonte di liberazione per il popolo. E lo è sicuramente stato nel ’46, dopo oltre venti anni di terrore. Oggi, la crescita veloce del sovranismo e più in generale di una destra con carente cultura costituzionale deve richiamare la nostra attenzione verso le istituzioni repubblicane e il dovere del popolo di controllare il potere, per obbligarlo alla trasparenza e a fare gli interessi dei più deboli. 

Nel 2021, ci è richiesto di risvegliare una forte coscienza collettiva che parta dalla partecipazione attiva e arrivi alla matura di una profonda consapevolezza della propria cittadinanza. La Repubblica d’altronde pone un assetto istituzionale che vuole spingere i cittadini a prendersi cura del bene comune e quindi anche alla partecipazione politica. Questi nobili valori sono forse quel punto fermo che il popolo sta cercando: da sempre i valori sono un collante sociale, lo sono molto meglio di quanto possa fare un monarca o un qualsiasi leader.

Per questo 2 giugno allora auguro a tutte e tutti di poter (ri)scoprire le potenzialità della nostra Repubblica democratica e parlamentare.

Giovanni Greco

Questo articolo è stato pubblicato su L’Informazione Giovane 

L’autore ringrazia per il contributo alla riflessione il compagno Alberto