Il referendum sulla legalizzazione della cannabis ha ampiamente superato le 580.000 firme, quindi le 500.000 necessarie perché sia indetto, ma oltre 1.400 comuni italiani lo stanno boicottando, rifiutandosi di fornire in tempo i certificati elettorali dei firmatari, come previsto dalla legge. Nel frattempo, sabato 18 settembre a Roma c’è stato un grande raduno ai Giardini di piazzale del Verano, che ha riunito attivisti e politici da tutta Italia. Da Matteo Orfini del Pd, passando per Elio Vito di Forza Italia e Jasmine Cristallo di 6000 Sardine, insieme a migliaia di persone comuni, sono scese in piazza per sostenere il referendum indetto da Meglio Legale, 6000 Sardine, Canapa Caffè, Spini nel Fianco, l’Associazione Luca Coscioni e numerose altre associazioni, e per dire sì al d.d.l. Pierantoni, che intanto renderebbe legale il possesso di quattro piante a testa, aiutando – molto – pazienti e semplici consumatori.

Il giorno stesso dell’evento, a cui abbiamo partecipato, abbiamo intervistato Stefano detto Step di Milano, presidente e portavoce di FreeWeed, associazione nazionale che si batte dal 2013 per una regolamentazione delle condotte legate alla cannabis e per una sua legalizzazione in Italia, e Peppe detto Coffee Break di Roma, del gruppo spontaneo apartitico Spini nel Fianco.
Voi due siete tra gli organizzatori della bella piazza del 18 settembre a Roma: Step, puoi dirci perché è stato giusto aderire e perché dovremmo tutti firmare il referendum per la legalizzazione della cannabis in Italia?
Step: Innanzitutto è importante sottolineare che l’evento del 18 settembre a Roma è nato dal basso, quindi le associazioni citate come Meglio Legale, le stesse 6000 Sardine e anche Free Weed hanno aderito semplicemente a una richiesta esplicita dei loro attivisti. È stato molto importante anche il fatto che in quella piazza si siano incontrate associazioni come queste, che in genere non si parlano fra loro tutto l’anno, ma in questa occasione si sono unite per appoggiare quello che stava accadendo in Commissione Giustizia [l’approvazione del suddetto d.d.l. Pierantoni n.d.r.] e il referendum sulla legalizzazione, per poter fare pressione sulle istituzioni per una regolamentazione seria della materia entro la fine dell’anno.
E perché secondo te il d.d.l. Pierantoni, che permette la sola coltivazione di 4 piante a testa, rappresenta comunque un passo avanti nella giusta direzione sul tema droghe leggere?
Step: Intanto perché norma una materia che, almeno in Italia, è molto difficile toccare. Poi, a livello più tecnico, perché apre uno spiraglio di legalità per il coltivatore-consumatore che non è da poco. Infatti, mentre oggi il semplice consumo è quasi tollerato o comunque colpito pochissimo, la coltivazione è tutt’ora duramente penalizzata dalla legge. Ecco che quindi tutelarla sarebbe comunque un passo enorme. Oggi in Italia se uno consuma cannabis e se la coltiva è perseguito, se la compra pure rischia, quindi la modica quantità comunque non viene applicata. Ecco che almeno per chi coltiva, il d.d.l. Pierantoni diventa una legge fondamentale.
E poi c’è il problema relativo ai malati. Lo Stato non produce abbastanza sostanza per tutti.
Step: Certo, perché la nuova legge consentirebbe ai malati che la necessitano di avere una fonte alternativa all’approvvigionamento centrale, che manca. Lo Stato dovrebbe garantirlo a tutti, questa è la base, ma dato che non lo fa, almeno permettere ai pazienti di coltivarsela sarebbe già un bel passo avanti nella direzione giusta. Poi per carità, facciamolo sotto controllo, con un numero di piante limitato. Quattro piante è un numero consono per uno Stato che in fondo ha paura di legalizzare la cannabis completamente. Diciamo che un consumatore medio, con quattro piante ne ha per sé stesso, senza nemmeno poterla distribuire troppo, che è la cosa che allo Stato fa più paura. Per fare piante ad alto rendimento ci vogliono un’attrezzatura e una tecnica che sono per pochi estimatori, persone che comunque non la cederebbero nemmeno oggi.
Ora passiamo a Peppe: puoi dirci, dal punto di vista di un attivista di base, perché è stato giusto aderire alla manifestazione del 18 settembre a Roma e perché dovremmo tutti firmare il referendum per la legalizzazione della cannabis in Italia?
Coffee Break: Premetto che per me il d.d.l. Pierantoni è comunque un passo avanti, ma non risolve il problema di base, perché se anche passasse domani, dopodomani staremmo comunque tutti a chiedere una legalizzazione completa della cannabis. Fra parentesi, Stefano e i ragazzi di Free Weed hanno scritto un manifesto che a me pare una proposta di legge eccellente. L’attuale criminalizzazione di questa sostanza ha un costo elevato in termini di salute pubblica, che ha evidenti ricadute sulla società tutta. Intanto la sostanza venduta illegalmente spesso non è pura ed è comunque di qualità inferiore di quella che potrebbe essere se controllata. Poi la gente giustamente si lamenta: “ho gli spacciatori sotto casa”, cosa che non avverrebbe mai se la cannabis fosse legale. Inoltre c’è il problema penitenziario: dal momento che circa un detenuto su tre è in prigione per reati legati alle droghe, ed uno su quattro per reati legati alla cannabis, legalizzare permetterebbe di rendere le nostre carceri più vivibili. Anche l’Unione Europea ha bacchettato più volte l’Italia, perché abbiamo le carceri più fatiscenti, e soprattutto sovraffollate dell’Unione. Legalizzando si libererebbero le prigioni di circa un quarto dei loro occupanti, e dato che nel nostro paese abbiamo un tasso medio di sovraffollamento nelle carceri del 120%, sarebbe un fatto molto importante. Per non parlare dei soldi risparmiati per i procedimenti, i giudici, gli avvocati, gli interventi delle forze dell’ordine in materia, etc…
Secondo voi, quindi, perché è importante firmare e promuovere il referendum indetto da Meglio Legale sulla legalizzazione delle droghe leggere?
Step: Intanto è necessario che finalmente il popolo si esprima su questa materia. Il referendum purtroppo in questo caso non può ad esempio regolamentare già la vendita della sostanza, può solo limitarsi a depenalizzare il possesso e la coltivazione, per cui è stato un lavoro molto complicato arrivare a proporre un testo definitivo. Comunque, poi dovrà comunque intervenire lo Stato con una legge ad hoc. Quindi il referendum alla fine è anche un modo per obbligare il governo a legiferare finalmente in modo nuovo sulla materia.
Coffee Break: Io di questo referendum ho una visione un po’ personale. Mi sarei aspettato che su una materia così importante, di cui si parla da tanti anni, lo Stato avesse legiferato da solo: è un tema su cui hanno tutte le basi scientifiche, politiche e costituzionali (perché il proibizionismo viola anche alcuni articoli della Costituzione) per potersi esprimere.
Step: concordo con Peppe, è Scandaloso che lo stato non sia comunque intervenuto fino ad ora, anche perché se noi consumatori siamo una minoranza, dovremmo essere tutelati ancor di più, sia dal punto di vista legale, che da quello medico. Ora quindi è più che mai necessario firmare e far firmare il referendum, per avere comunque le 500.000 firme necessarie anche se non dovessero arrivare in tempo tutti i certificati elettorali dei firmatari.
Intervista a cura di Laura Gobbo
Fonti e link utili
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per firmare: https://referendumcannabis.it/
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AntiProibizion #SpiniNelFianco #ReferendumCannabis
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Free Weed Board, Il Manifesto Collettivo Depositato alla Camera dei Deputati, 6 maggio 2021
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