La Storia delle grandi manifestazioni è fatta di parole: richieste di cambiamento, canti di libertà, messaggi di speranza. Cosa dire, ma soprattutto come dirlo è stato un punto cruciale anche per noi Sardine: portavoci sin da subito di un linguaggio non violento, gentile, semplice ma non semplificante contro odio e arroganza. A volte, però, la Storia ci ha regalato immagini che sono penetrate nelle nostre menti più di mille parole (e mille proiettili), imprimendosi indelebilmente. È la picassiana lezione della Guernica: l’opera-manifesto diventata più emblematica della stessa battaglia che raffigura.

La Guernica di cui vogliamo parlarvi oggi è quella della Primavera di Pechino dell’89, quando una foto vincolerà per sempre il nome di Piazza Tienanmen alle rivolte contro il regime conservatore di Deng Xiaoping. Ispirati dalle riforme di Gorbacev, studenti, intellettuali e operai cinesi scendono in piazza per chiedere maggiori libertà e democrazia.

La risposta del primo ministro Li Peng è la legge marziale: l’esercito è autorizzato ad aprire il fuoco sulla folla disarmata. Il resto è Storia: grazie alla foto di un manifestante che avanza davanti a un plotone di carri armati: inerme, spogliato di qualsiasi arma se non del coraggio delle sue idee.

La sua determinazione, immortalata in quello scatto che indignò il mondo, fermò il carro armato ma non la successiva brutalità della repressione cinese. Una nuova Guernica, questa volta fotografata e non immaginata. Una macchia per il dragone asiatico. Un simbolo, per il resto del mondo, della non violenza contro la ferocia delle armi, della disubbidienza civile contro l’oscurantismo, del coraggio di Davide contro Golia, della libertà contro la repressione.

Il destino vuole che, ancora oggi, quell’immagine così famosa sia una delle più censurate della Storia, e che in Cina la data del 4 giugno 1989 sia assente da ogni motore di ricerca, classificata come “non attinente alle leggi”. Un’immagine scomoda che ha oltrepassato i giorni di quelle proteste e che ancora oggi è in grado di descrivere un Paese dove la strada dei diritti e della libertà d’informazione resta una lunga marcia contro il carro armato della censura.