A ventidue anni, passare dall’amore dei fan a feroci critiche può destabilizzare. Hana Kimura, wrestler giapponese e figlia d’arte dell’ex-lottatrice Kyoto Kimura, aveva subito brutali attacchi sui social dopo una lite con uno dei concorrenti del reality show Terrace House.
Giovane e famosa, la ripercussione mediatica è stata proporzionale al suo successo, e la valanga di commenti pieni d’odio ha portato questa giovane ragazza dall’animo gentile, come tanti la descrivono, a togliersi la vita.
Il cyberbullismo è un fenomeno sempre più diffuso. Nascosti dietro una tastiera, i giudizi trasmessi con superficialità tramite i social sono facili da scrivere ma possono essere molto difficili da “digerire” per chi li riceve, poiché viene meno la possibilità di spiegarsi, di difendersi, di replicare.
Si creano così, rapidamente, etichette e pregiudizi che si spandono a macchia d’olio sugli altri, i quali iniziano a convincersi di una presunta verità relativa agli stereotipi legati alla persona, senza conoscere davvero i fatti.
Nasce il branco, che può diventare davvero feroce.
Senza confronto reale, ciò che è virtuale esce dallo schermo. E a quel punto le parole possono scavare solchi e ferire mortalmente.
In uno degli ultimi post Hana scriveva:”Non voglio più essere #umana.”
Se abbiamo voglia di sfogare la nostra rabbia risolviamo ciò che ci crea rancore. Non riversiamola su chi non conosciamo: ricordiamoci che dall’altra parte c’è un essere umano.