Etimologicamente, gentrificazione è un termine che indica il progressivo cambiamento socioculturale di un’area urbana da proletaria a borghese a seguito dell’acquisto di immobili, e loro conseguente rivalutazione sul mercato, da parte di soggetti abbienti[1].
- ^ (EN) Benjamin Grant, Urban gentrification is associated with movement, in Public Broadcasting Service, 17 giugno 2003. URL consultato il 30 maggio 2020.
Si tratta di un fenomeno di trasformazione legato ai nostri ambiti urbani, in conseguenza a determinate ragioni sociali ed economiche che vanno a influire e a impattare un territorio. Bologna, a tal proposito, è stata teatro negli anni di profonde trasformazioni che hanno definito un cambiamento consistente della sua natura e del modo di vivere dei cittadini.
Il cambiamento più consistente è avvenuto a seguito dell’industrializzazione del dopoguerra, in particolare con l’importanza acquisita dal nodo ferroviario.
La stazione centrale di Bologna ha infatti subito, a partire dal 1800 – quando il commercio è diventato di larga scala – un cambiamento radicale nella zona periferica (intesa come zona fuori le mura). A partire dall’attivazione delle linee ferroviarie fu infatti attuato un piano di costruzione, approvato dal Comune di Bologna nel 1889, che portò a un espansione radicale della città e a conseguenti importanti trasformazioni, similmente ai piani haussmaniani di Parigi.
Si trattava di un’espansione a maglie ortogonali che prevedeva un’area destinata all’edificazione intorno alle mura, con la conseguente riconfigurazione di ampie strade a divisione dei nuovi lotti così creati. Questi erano accessibili dalle porte che assumevano, a seguito dell’abbattimento delle mura, il ruolo di isolati spartitraffico rispetto al centro e alla periferia della città. Tale spartizione comportava anche una divisione demografica: a est e ovest era collocata la borghesia, mentre a nord rispetto alle linee ferroviarie la nuova classe operaia.
La storia della Bolognina parte quindi a seguito di tale espansione urbana.
Dapprima quartiere operaio con fabbriche e residenze dei lavoratori, oggi la Bolognina è diventato terreno fertile per nuovi piani di costruzione, vantaggioso per due motivi fondamentali. In primo luogo, risulta un’area maggiormente svincolata dalle norme edilizie vigenti nel centro della città, anche a seguito della costituzione di una nuova razionale divisione dei lotti urbani. In secondo luogo, perché si presenta molto più accessibile economicamente da parte dei cittadini rispetto al centro urbano. Oggi il quartiere risulta estremamente specializzato e variegato, anche a seguito della crescita della componente multietnica, che trova qui la possibilità di poter acquistare casa a prezzi vantaggiosi e vicini al luogo di lavoro.
Risulta quindi un’area di opportunità piuttosto che di limitazioni e di restrizioni, come invece molte volte accade quando il terreno viene dato ai privati: ed è proprio qui che tale opportunità manifesta i suoi limiti.
Infatti, le trasformazioni urbanistiche dal secondo dopoguerra in poi sono state caratterizzate da processi di insediamento territoriale più quantitativi che qualitativi, nati dalla volontà di poter sfruttare al massimo il rendimento edilizio del suolo. Molte volte questo tipo di processo, che favorisce l’interesse privato a scapito di quello pubblico e quindi estromette l’individuo dalla possibilità di poter esprimere il proprio parere sull’utilizzo del suolo, si riduce a un fenomeno di orientamento puramente economico, generando un’insoddisfazione generale nella società.
Oggi i progetti di ristrutturazione urbana dovrebbero fondarsi sulla riqualificazione urbana, che al contrario si riallaccia a un interesse qualitativo. Questo vuol dire, in primo luogo, dare voce a quel piano del 1985 che rivolge l’attenzione alla valorizzazione del patrimonio urbano esistente, intento a porlo in risalto a partire dalla sua configurazione storica e tradizione insediativa. Invece moltissimi interventi promuovono la costruzione di edifici tecnologicamente avanzati (pensiamo soltanto alle scatole di vetro che si stagliano nei nuovi headquartiers delle metropoli odierne) e ne pongono in risalto l’interesse del privato. Ma quali effetti produce nell’immaginario pubblico? Che tipi di benefici apporta per i cittadini e i loro interessi?
Il nuovo Student Hotel nella Bolognina rappresenta uno dei nuovi puzzle dell’espansione urbana. Seppure nel caso dello Student Hotel si tratti di un progetto architettonicamente qualitativo dal punto di vista formale, si staglia come area separata dalla cultura del luogo per natura economica. Un altro esempio, molto meno positivo, è rappresentato dai cosiddetti “Mostri Urbani”, in riferimento ai progetti di insediamento residenziale in via dei Calzolari. L’edificio inizialmente pianificato è una specie di colosso, considerando l’altezza degli edifici contigui (anche se l’ingegnere Lorenzo Bolelli, titolare dello studio LoBo, ha affermato la riduzione dei piani da 10 a 7 – comunque due più alti rispetto a quelli degli edifici preesistenti). Si tratta quindi di progetti che non trovano la loro rappresentanza sotto il profilo sociale: l’hotel è infatti piuttosto costoso per quanto riguarda gli alloggi per studenti, nonostante sia chiara la volontà di ridare un senso di positiva innovazione rispetto al fronte urbano, mentre il progetto di Via dei Calzolari innesca un meccanismo di alienazione rispetto agli abitanti che vi vivono a causa di un senso di distacco rispetto al contesto.
In un’ottica di gentrificazione, come abbiamo visto anche dalle conseguenze dei piani regolatori della fine degli anni Novanta, è normale che il tessuto sociale si trasformi, ma se ciò avviene è importante tenere in considerazione quale tipo di cambiamento demografico sta avvenendo all’interno della città.
Come nel caso della Bolognina, spesso sono gli studenti e gli extracomunitari i più bisognosi di appoggio o quelli che in gran parte contribuiscono all’incremento demografico. Se i progetti richiedono un costo fuori della loro portata o avulsi dal loro immaginario ed interesse, molto spesso tali aree rimangono disabitate, o comunque non si raggiunge un consumo di suolo sufficiente come stabilito dal piano. Le conseguenze sono chiare e dirette: le aree non utilizzate vertono al degrado e la popolazione resta insoddisfatta, poiché i cambiamenti non hanno incontrato gli interessi specifici della maggioranza. Se il cambio d’uso rispetto a un’area è previsto all’interno del piano regolatore, è opportuno che sia individuata allo stesso modo un’altra zona pronta ad accogliere ceti sociali qui non rappresentati, cercando di bilanciare quelli che sono gli interessi collettivi. In sostanza, l’equilibrio urbanistico è una questione di classe.
La gentrificazione non rappresenta un fenomeno negativo di per sé: persegue comunque la volontà di ridare una dignità a quartieri degradati e una configurazione diversa ma volta a migliorare luoghi che non sono attraenti, come sostiene la docente Paola Bonora dell’Università di Bologna. Tuttavia molto spesso essa non avviene con un’attenzione spiccata verso gli strati sociali di chi ci abita e attraverso un rispettoso riguardo per gli spazi pubblici, bensì perseguendo logiche di natura economica e interessi privati, che non rendono le future espansioni zone adeguatamente accessibili.
La bellezza di una città sta anche e soprattutto nell’incontro, nello scambio tra i diversi cittadini e questo può avvenire solo in un’ottica di lettura dei loro interessi e dell’uso dello spazio collettivo. Molto spesso l’interesse privato tende invece a relegare scatole estremamente costose all’interno di recinti, mura, in generale luoghi non adiabatici nei confronti dell’esterno. Nella strutturazione delle aree di una città bisognerebbe quindi tener conto anche della disponibilità economica dei suoi residenti e della natura sociale di chi la vive, poiché è solo dall’interscambio e dalla comprensione delle esigenze dei cittadini che si può generare una convivenza realmente democratica.
Alice Monacelli
Fonti
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Bartolomei L, “The Student Hotel a Bologna, tassello della gentrificazione”, Giornale dell’Architettura, 7 luglio 2021.
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Contropiano, La Bolognina contro i mostri di cemento, 29 marzo 2021.
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Degli Esposti, V., Dell’Acqua A., Ferrante A., Paesaggio costruito. Qualità ambientale e criteri d’intervento. Ed. Alinea, Bologna, maggio 2019.
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Giancristofaro, S., Ripensare la Città della Ferrovia: urbanistica partecipata nel quartiere Bolognina Est, Trame Urbane.
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Orsi L, Bolognina, i nuovi palazzi diventano più bassi, Il Resto del Carlino – Bologna, 27 marzo 2021.
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Repubblica Bologna, In Bolognina la protesta degli abitanti: “Basta mostri urbani, vogliamo più verde pubblico”, 27 marzo 2021.
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Video: Gentrification – Bologna – tra riqualificazione e conflitti urbani – YouTube