Negli ultimi mesi l’UGEI ha intrapreso un’iniziativa per ripulire le pietre d’inciampo nelle maggiori città d’Italia. È un progetto che si svolge in tutta Europa e che è l’esatta metafora di quello che è, o che dovrebbe essere, la Giornata della Memoria che ogni anno, il 27 Gennaio, viene celebrata in tutto il mondo. 

L’idea è quella di far risplendere le pietre d’inciampo, non lasciando che il tempo e la sporcizia le rendano uguali e irriconoscibili dalle altre pietre che ci sono intorno.

Sicuramente tutte le pietre sono necessarie per fare un manto stradale o un marciapiede, ma alcune ci insegnano qualcosa, raccontano qualcosa a noi in quanto esseri umani, ed è proprio lo scopo delle pietre d’inciampo, permetterci di riflettere e ricordare. Ma ricordare, perché?

La domanda seria da porsi è, infatti, “cosa ne facciamo della nostra Memoria, della nostra storia, di quei racconti che i nostri nonni hanno raccontato?” 

Se non lucidiamo le nostre memorie, non le teniamo vive, rischiamo di perdere la prospettiva e disperdere quella profondità che ci serve per capire l’oggi. 

Quando i fatti della Shoah che hanno colpito gli ebrei, come anche rom e sinti, omosessuali, neri, testimoni di geova, comunisti, persone disabili (sia fisiche che mentali), vengono erroneamente auto-accreditati, come per esempio nel movimento novax (in Germania hanno vietato ogni riferimento a questi contestatori di associare simboli ebraici o della Shoah alle loro rivendicazioni) per giustificare qualunque tipo di discriminazione, si fa un grave torto alle vittime di quel genocidio sistematico e su larga scala che è stata la Shoah. 

Proprio questo è il fattore distintivo rispetto ad altri tipi di genocidi effettuati prima di quello di stampo nazista: la sua sistematicità, l’ossessione per i dettagli, il metodo, la sua efficienza, volta a sterminare e torturare quanta più gente possibile e utilizzare il lavoro da schiavi, disumano e non retribuito per trarne “profitto”, in quella folle guerra che ha devastato il continente europeo. 

Dire oggi che vi sono situazioni analoghe nel mondo “occidentale” è a dir poco risibile e decisamente offensivo. 

Quella storia ha insegnato a tuttə noi che l’uomo è in grado di discriminare familiari, vicini di casa, ritenerli causa del proprio malessere, uccidere senza vedere più un essere umano davanti a noi ma un ostacolo da eliminare.

Sono azioni talmente impensabili per il genere umano che ci si aspetta sempre che quell’orrore sia esagerato, che non possa essere davvero così violento o brutto, e che a noi non possa mai succedere

Il Diario di Anna Frank si conclude con la frase “nonostante tutto, continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo”. Eppure Anna, il giorno dopo venne catturata e trasportata ad Auschwitz, dove perse la vita come altri 6 milioni di ebrei, con la sola colpa, agli occhi dei suoi carnefici, di essere diversa, e per questo indegna di stare al mondo. 

In italia, quando scoppiò la guerra e le leggi razziali s’inasprirono, al ghetto di Roma, tra gli ebrei, ci si diceva: “a noi non lo faranno, a noi non può succedere come in Germania”, pensando che in Italia, gli italiani, non sarebbero stati capaci di trucidarli, denunciarli come facevano i freddi tedeschi. Eppure le comunità ebraiche furono trucidate, rastrellate, trasportate in campi di concentramento italiani e poi all’estero in quelle fabbriche di morte che erano i Lager. 

E oggi, cosa ne facciamo di questa memoria? Cosa ne vogliamo fare? Vogliamo che resti un ricordo di quei tempi, un aneddoto storico, la storia di qualcun’altra o vogliamo farcene carico? Vogliamo guardare nelle nostre società quando questi semi di discriminazione vengono ancora piantati da certe parole, da certe azioni, leggi e comizi?

Possiamo come società continuare a ignorare gli atti antisemiti che accadono oggi in Italia, Europa e nel mondo? Riusciamo a vedere che si è trasformato questo odio razzista in modalità e mezzi, ma che perdura e negli ultimi anni ha terreno fertile? Possiamo permetterci di non notarlo e voltarci dall’altra parte? 

La risposta è no, non possiamo permetterlo, non possiamo continuare a ignorare l’eco di quel passato oscuro che ancora pervade i luoghi che abitiamo, che viviamo. 

Abbiamo il dovere morale e civile di ripulire, di far brillare la nostra Memoria affinché non si abbassi la guardia. Che il 27 Gennaio non sia una volta l’anno, ma che ogni giorno navighiamo con il faro della resistenza, con il lume dell’antidiscriminazione, non arrendendoci e non perdendo mai quella sensibilità. 

Facciamo risplendere tutte quelle pietre d’inciampo di cui è piena la nostra storia e che siano una luce che non si possa mai offuscare.

 

Mirko Yonathan Ciotta

 

Voci della Giornata della Memoria