Nel rutilante mondo che ci propone il XXI secolo, facciamo sempre di più i conti con consumi, rischi e trasgressioni inscindibilmente interconnessi ai vari stili di vita e sempre più compatibili con i riti sociali, con una diffusa percezione di normalizzazione e di consuetudine di tali abitudini.

Lʼimportanza di una politica di corretta gestione del fenomeno del consumo delle sostanze stupefacenti si è tradotta in questi ultimi decenni in una semplificazione inaccettabile: la convinzione che, agendo sul desiderio dellʼutente finale, si possa intraprendere un cammino di riduzione della domanda globale.

Tale impostazione rischia di portare ad unʼenorme semplificazione dei processi decisionali che si sviluppano allʼinterno del mercato delle droghe. Essa, inoltre, sembra sottovalutare lʼimportanza che tale traffico ha assunto nellʼepoca attuale: economia, politica estera, sanità e rapporti sociali sono tutte tematiche profondamente influenzate anche dal rapporto che gli agenti istituzionali e sociali coinvolti assumono nei confronti delle droghe.

In un contesto sociale in cui il consumo di merci e di interscambi globali è la religione indiscussa dell’essere post moderno, diventa imprescindibile comprendere cosa questi consumi significano e rappresentano. 

Un mondo, soprattutto quello delle giovani generazioni, che in generale nell’identità del consumo, di cosa e del come si consuma fa uno dei suoi tratti distintivi più significativi. In questa gigantesca babele di consumi, favorita dal commercio online, non ci sembra nel contesto attuale fare differenza il consumo di sostanze psicoattive. Anche il consumo di droghe, infatti, diviene uno dei tratti distintivi della nostra società che trova soprattutto nelle giovani generazioni peculiarietà e domande che ci sembra utile approfondire, per meglio comprendere, interpretare e possibilmente affrontare il problema. 

Un consumo capillare ed estremamente diversificato di sostanze legali e non, adattate e “disegnate” (leggasi designer drugs), alle diverse tipologie di consumatori coinvolti, con modalità diversificate di consumo, a cui si accompagna un pericolosissimo abbassamento dell’età delle prime sperimentazioni, in linea con i processi di adultizzazione precoce che la nostra società propone ma che poi per alcuni continua in età avanzata e quindi non più e non solo come atteggiamento post adolescenziale ma in costante connessione con quello che le persone pensano, dicono, e sono. In questo senso esistono due spinte opposte e contrarie: i giovani adultizzati e gli adulti eternamente adolescenti.

Le nostre stesse città ed in particolare i contesti metropolitani, stanno cambiando e sono ridisegnate in funzione dei luoghi della movida, del divertimento, dell’organizzazione del tempo libero e di stili di vita edonistici. Con uno spaccato sui modelli di consumo di sostanze legali e non, che rappresenta parte significativa (oserei dire integrante) di questo disegno di riorganizzazione urbanistica e sociale del futuro. Pensiamo anche alle aree dismesse e delocalizzate rispetto ai centri “vitali e pulsanti” delle realtà urbane, dove, lontani dai luoghi del loisir, le marginalità estreme trovano dimora, riadattandosii come “location” ideali per lo spaccio ed il consumo di sostanze.

Nel mondo delle addiction (sostanze stupefacenti, nps,alcool) ci sembra prioritariamente necessario superare le vecchie categorie interpretative basate quasi esclusivamente su un unico stereotipo di riferimento. 

Mi riferisco all’unica rappresentazione della “droga” costruita sulla dipendenza grave, soprattutto da eroina su cui qualsiasi altro fenomeno si deforma e aggrava (e allora l’immagine della spirale incontrollabile di perdizione, il tunnel della droga, la fine di tutti i sogni giovanili, la comunità come unica risposta ect). Una chiave interpretativa desueta, di facile approccio e moralmente assolutoria, che si associa immediatamente alla cultura della sicurezza sociale e della punibilità legale, della patologia recidivante e quindi funzionale a un approccio esclusivamente securitario o sanitario. Un approccio, questo, che rischia di interpretare il consumo di sostanze solo attraverso le lenti deformate del sintomo e delle sostanze psicotrope come unica risposta al malessere individuale non comprendendo quanto accade nella realtà.

«Concetti come libertà, volontà, male, bene vanno rivisti e bisogna avere il coraggio di non usarli come assoluti». Ci dev’essere “altro” alla radice della droga. Quanto alla “lotta alla droga”, non c’è stata evoluzione perché non c’è stata comprensione. Siamo ancora ai parametri degli anni Ottanta, alla droga figlia solo del disagio sociale o dei traumi familiari. Senza contare che la droga oggi è compatibile con la società e i suoi stili di vita. Consumare sostanze è diventato un atto conforme, accettato dalla macchina consumista. «Non farti, la tua vita è sacra, è bella. È giusto vivere, sbagliato morire», esortano le campagne antidroga. 

A distanza di quarant’anni dal diffondersi della droga come fenomeno di massa, ancora domina quel ridicolo stereotipo: “il tossico vuole distruggersi perché non ama la vita. È vero il contrario: s’innamora della droga perché non accetta la propria mortalità, ed è la coscienza e accettazione del suo limite il passo decisivo per liberarlo dalla dipendenza”. (Fabio Cantelli dal docu film Sanpa); “non sempre ci si fa per disperazione. Ci si fa anche per stare meglio”. 

In mancanza di una capacità di lettura che vada oltre le convenzioni, di una evoluzione strategica di pensiero su questi temi e di una conseguente strategia di azione diversificata, il sistema di intervento preventivo, di riduzione del danno o delle conseguenti offerte terapeutiche e riabilitative, assieme al corpus legislativo, solo punitivo e non educante, rischiano di diventare anacronistici

Il fenomeno droga sta rapidamente cambiando perché il mondo (e le tecnologie) si evolve rapidamente e il mondo dell’alterazione del sé e dell’addiction ne è diventata componente strutturale. 

Pensiamo alla forte ricerca di piacere e divertimento spesso sottese, alle forme di autocura rispetto al male del vivere ma anche alle diverse sotto-culture connesse ai vari consumi. L’assunzione di sostanze quindi non si identifica più soltanto con la tossicodipendenza che ne costituisce un caso particolare per quanto significativo nell’attuale sistema di intervento anche al di là dell’eroina come sostanza di abuso primaria. 

Pensiamo per esempio al fascino attrattivo delle anfetamine, dell’ecstasy e di tutte una serie di sostanze psicostimolanti (NPS), sempre più diverse e diffuse, attribuibile alla stretta connessione dei loro effetti con le esigenze espresse dalle nuove forme del divertimento. Queste ultime facilitano nei ragazzi i comportamenti di disinibizione, sollecitando una più immediata socialità, una sorta di “calore” relazionale, consentendo più tolleranza dello sforzo, della fatica e del sonno nei lunghi week end e nelle ore notturne. Oppure al consumo di cocaina quasi giornaliero o per lunghi periodi, connesso a stili più complessivi di vita ad alta prestazionalità, un ritmo vitale che si dispiega grazie all’aiuto costante della cocaina per giovani lavoratori autonomi e/o imprenditori. 

Un consumo funzionale, dicevamo, a un modo di vivere in cui la cocaina è mezzo e risultato atteso per una continua accelerazione dei ritmi di vita ed una pseudo consapevole permanenza in uno stato di positività, iper lucidità e velocità di azione (solo supposta). Ciò che è richiesto alle nuove sostanze o ai nuovi stili di consumo è in definitiva una maggiorazione di tipo prestazionale, in primo luogo intimamente correlata alle istanze di divertimento e adeguatezza, ma anche desiderata e apprezzata in altri ambiti della propria vita come il lavoro e le relazioni sociali. Consumare, in sintesi, per stare sempre più al centro dei ritmi vitali del gruppo, del contesto, della “vita” pubblica.

Per converso NON è sparito ed esiste ancora un importante fenomeno connesso alla tossicodipendenza da eroina, cocaina e alcool e alla marginalità socio-sanitaria. Che pur nella sua riduzione di presenze “visibili sulle strade” e a un minor “allarme securitario nelle piazze” si connota ancora con un numero importante di vite, di storie, percorsi, che rappresentano ancora la quasi totalità delle persone che afferiscono quotidianamente ai servizi territoriali (SerD, comunità terapeutiche e di vita, unità di strada, drop in). Biografie per gran parte fortemente compromesse, a grave rischio di emarginazione e di patologie correlate o già in situazioni di cronicizzazione nel loro rapporto con una dipendenza, una sostanza (eroina, cocaina ed alcool) ma talvolta anche da vari mix di farmaci tra sostitutivi, psicofarmaci e antidepressivi.

Francesco Grassi

Questa è la prima parte dell’articolo. Per leggere la seconda parte: Vedere le dipendenze con gli occhi di oggi – Seconda parte