Chi ce lo ha fatto fare?

“E poi arriva il momento in cui non ce la fai più. Sei stremata e senza forze. E come te lo sono tutti gli altri. Sono passati venti giorni e la motivazione inizia a vacillare, ma faccio un respiro profondo per la prima volta in due settimane e mezza e mi siedo per postare su facebook, per pensare e scrivere. Per lasciare traccia.

L’incredibile fenomeno dei bielorussi “pacifici e coraggiosi” e il modo in cui difendono pacatamente la loro dignità, libertà, onore e diritti hanno suscitato un’ondata di ammirazione in tutto il mondo. Ammirazione per tutti coloro che sono venuti alla “Marcia della libertà” domenica. Ammirazione per la solidarietà, unità, perseveranza, aiuto reciproco illimitato.

La grandezza della resistenza bielorussa, cresciuta dopo diverse notti di sanguinoso terrore, è davvero emozionante. Eppure, personalmente, non è questo che mi motiva ad andare avanti ogni giorno.

Un ricordo non riesco a dimenticare: il momento in cui la prima granata ci volò addosso. Eravamo in piazza in migliaia di persone. Non duecentomila, come domenica, e nemmeno centomila. Ricordo la prima persona colpita da un proiettile di gomma. Ricordo come tutti rimasero terrorizzati quando un camion della polizia, con un’orgogliosa sicurezza, si schiantò contro una folla di civili disarmati e come quel ragazzo investito fu caricato sull’ambulanza dentro ad un sacco nero. Ricordo quanto erano spaventate le persone intorno a me e ricorderò per sempre come ero terrorizzata io.

Ogni persona che è scesa nelle strade delle città bielorusse nei giorni successivi al voto (10, 11, 12 e 13 agosto) è diventata nostro eroe nazionale. Chi usciva di casa sapeva che sarebbe stato colpito duramente, gli avrebbero sparato contro, lanciato granate assordanti addosso, riempito di botte e torturato anche fino alla morte. Una sensazione nuova dalla fine della seconda guerra mondiale. Queste persone hanno scritto la storia moderna della Bielorussia. È stato il loro sangue, il loro sacrificio e la loro vita che ci hanno dato ora quella speranza, non più traballante, che è fondamentale non perdere ora.

Mi appello a tutti coloro che sono caduti nella disperazione e che pensano: “E se non funzionasse?”. So che sono molti. Il 10 agosto le possibilità di vincere erano mille volte inferiori di quelle attuali. In queste settimane abbiamo fatto più di quello che è stato fatto negli ultimi 10 anni.

Abbiamo scelto un percorso pacifico e non violento, sarà un percorso lungo. Ogni giorno lo stato ci minaccia: sempre più punizioni, vendette, licenziamenti e procedimenti penali.

I lavoratori in sciopero iniziano a vacillare, la gente si stanca di uscire tutti i giorni ed è comprensibile. Sei stanco? Riposati e torna a protestare con forze nuove.

Personalmente, mi sento dentro ad una fossa emotiva e fisica. Venti giorni di proteste, volontariato, scioperi e resistenza partigiana mi hanno spremuto come un limone, e molti hanno fatto mille volte di più di me!

Poi ricordo come un ragazzo in piedi accanto a me in piazza il nove agosto, dopo la quinta granata, urlasse spaventato alla sua ragazza: “Perché siamo venuti qui?!”.

Siamo qui perché questo non accada mai più.
Perché queste foto non scompaiano dal feed.”

Nadia Shymbaliova