In Thailandia, le proteste portate avanti da migliaia di giovani stanno segnando una svolta nella storia del Paese. Questi hanno riportato un “senso di speranza” che mancava da più di sei anni, da quando nel 2014 il Generale Prayut Chan-o-cha e la sua giunta militare presero il potere con un colpo di Stato, mettendo fine al governo democratico. 

A partire da febbraio 2020 sono state organizzate alcune manifestazioni contro la decisione  della Corte Costituzionale di sciogliere il “Future Forward Party”, accusato di aver ricevuto donazioni illegali da parte del leader Thanatorn Juangroongruangkit. Il Future Forward Party era uno dei maggiori partiti di opposizione e alle elezioni di marzo 2019 aveva raccolto più di 6 milioni di voti, la maggior parte dei quali da studenti universitari e giovani elettori. 

Tra marzo e aprile, grazie a numerosi articoli e foto rilasciate da giornali internazionali, gran parte della popolazione ha preso consapevolezza della lunga assenza del monarca Vajiralongkorn (Rama X) sul suolo thailandese; nonostante il Paese stesse vivendo una grave crisi economica e sociale dovuta alla pandemia, il re aveva affittato un albergo in Baviera per trascorrere il suo soggiorno in compagnia del suo harem di 20 concubine e la sua corte. Dall’inizio della pandemia è tornato in patria solo per alcune ore per presenziare a cerimonie o eventi importanti, senza osservare le precauzioni di quarantena previste e violando così il lockdown imposto dal governo. Sebbene mai confermato dal palazzo, era oramai noto che il re non vivesse stabilmente in patria, ma le notizie di un sovrano in villeggiatura, apparentemente incurante della situazione d’emergenza in cui versava il Paese, hanno spinto l’insoddisfazione del popolo thailandese al limite. Ancor prima della sua ascesa al trono, Vajiralongkorn non era stimato a causa delle bizzarrie e scandali della sua vita privata, e ora il confronto con il padre, figura di autorità morale del Paese, è più che mai impossibile. 

La situazione si è aggravata ulteriormente a giugno, quando il giovane attivista pro-democrazia e critico del governo Wanchalerm Satsakit è stato rapito davanti la sua abitazione a Phnom Penh in Cambogia. Wanchalerm, tra le varie accuse aveva subito anche quella di lesa maestà, che in Thailandia prevede una condanna da tre fino a quindici anni di carcere. 

Nonostante il governo sia riuscito a contenere la pandemia del virus, il Paese sta attraversando una grave crisi sociale ed economica. Le notizie riguardanti il re, la scomparsa di Wanchalerm e il disinteresse delle autorità thailandesi e cambogiane verso l’indagine sul rapimento hanno fatto degenerare il sentimento anti-governativo e hanno spinto molti giovani a protestare pubblicamente. Nei mesi di luglio, agosto e settembre sono state organizzate numerose proteste in tutto il Paese. Alcune di queste hanno preso ispirazione da temi della cultura pop: in una protesta a tema Harry Potter il re è stato soprannominato Lord Voldemort, perché innominabile a causa della lesa maestà, e il saluto a 3 dita della serie cinematografica Hunger Games è diventato il simbolo dei manifestanti. 

Nel suo sviluppo il movimento di protesta ha visto un incremento notevole di partecipanti di vario genere: non solo universitari e giovani lavoratori, ma anche rappresentanti di comunità LGBT e studenti di scuole superiori. 

L’uso dei social sta giocando un ruolo chiave per questi ragazzi. Twitter è la piattaforma più usata dai manifestanti per comunicare, mentre il gruppo Facebook satirico “Royalists Marketplace”, fondato in aprile dal critico politico residente in Giappone Pavin Chachavalpongpun aveva raggiunto la soglia di un milione di membri, prima di venire bloccato da Facebook su pressione del governo. Il giorno stesso della chiusura del gruppo Pavin ne ha aperto un altro chiamandolo Royalists Marketplace- Talad Luang, che ora conta più di un un milione e ottocentomila iscritti. 

Tra le richieste principali dei manifestanti ci sono le dimissioni del primo ministro e del suo governo, lo scioglimento del parlamento, la cessazione di molestie e violenze da parte delle autorità nei confronti dei manifestanti, la stesura di una nuova Costituzione più democratica e la riforma della monarchia. 

Nonostante il sistema governativo ufficiale sia quello della monarchia costituzionale, le dinamiche utilizzate da re Vajiralongkorn sono tipiche di una monarchia assoluta. Nel 2017 re Vajiralongkorn aveva posto alcune modifiche alla Costituzione, tra cui l’intestazione a suo nome del patrimonio dell’agenzia della corona, stimato in 40 miliardi di dollari, e la possibilità di poter risiedere all’estero senza l’obbligo di nominare un reggente. “Le 10 richieste di riforma della monarchia”, presentate ad agosto dalla 21enne Panusaya Sithijirawattanakul del gruppo “United front of Thammasat e demonstration” si possono definire storiche perché pongono l’attenzione su varie problematiche del sistema monarchico thailandese: chiedono l’abolizione della legge di lesa maestà, vietano al re di appoggiare colpi di Stato, impongono una pubblica separazione tra quelli che sono i beni della corona e i beni personali del re e chiedono la riduzione dell’importo del bilancio nazionale assegnato al re, in linea con le condizioni economiche del paese. 

La questione della residenza del monarca thailandese ha raggiunto anche il governo tedesco; il ministro degli Esteri ha dichiarato la settimana scorsa: “Se ci sono ospiti che conducono i loro affari statali dal nostro suolo, agiremo decisamente per contrastarli”. Il monarca si trova ora in patria dal 9 ottobre e secondo alcune fonti ufficiose vi rimarrà fino ai primi giorni di novembre. 

Il 14 ottobre migliaia di manifestanti si sono riuniti nella zona del monumento alla democrazia a Bangkok, dove hanno incrociato il corteo reale, senza innescare alcuno scontro. Questo è stato sufficiente da spingere il primo ministro a dichiarare lo stato di emergenza la sera stessa, vietando ogni tipo di assembramento. Questa decisione è risultata controproducente e nonostante l’uso della violenza con cannoni d’acqua contro i manifestanti il 16 ottobre e l’arresto di tutti i leader, le proteste continuano. I manifestanti hanno preso a modello le proteste di Hong Kong, con flash mob e ritrovi organizzati ogni giorno; in questo, l’azione dei leader (volontari) è facilitata da Twitter, strumento con cui essi riescono a coordinare i momenti e scegliere i luoghi delle manifestazioni, raggiungendo facilmente e velocemente un elevato numero di cittadini.

Fino ad ora il governo non ha mostrato alcun segno di compromesso o dialogo con i manifestanti, rispondendo solamente con divieti e arresti. Il re non ha mai fatto dichiarazioni sulla questione. In molti vedono in questo atteggiamento di disinteresse un pericoloso rimando alla monarchia assoluta e questa nuova generazione è disposta a continuare a lottare per contrastarla. 

Questi ragazzi hanno già perso tanto e non sono disposti a perdere ancor di più. Hanno in cuore la speranza che un giorno il motto della Thailandia “Nazione, Religione, Re” non venga più riconosciuto. 

Francesco Poom