La diffusione del Covid-19 negli ultimi mesi ha provocato un’emergenza sanitaria a livello globale, ma le risposte alla crisi sono state molto diverse da Stato a Stato. In seguito ai primi focolai individuati a inizio Febbraio, il nostro governo ha deciso di adottare misure tra le più restrittive che siano state implementate a livello europeo e mondiale. Tuttavia buona parte della risposta istituzionale al virus è stata decisa dalle amministrazioni regionali, come previsto dal nostro ordinamento. Il fattore locale ha quindi giocato un ruolo centrale: dove vi erano più mezzi e preparazione, il personale medico e sanitario è riuscito a fare fronte all’emergenza. Tra le molte realtà in cui la situazione si è rivelata doppiamente drammatica, invece, vi sono purtroppo diverse città liguri.

In Liguria non sono emerse solo carenze strutturali pregresse -aggravate dalla gestione di questi ultimi anni- ma anche una totale mancanza di visione e di una chiara volontà politica, indispensabili per migliorare le attuali condizioni del sistema sanitario regionale. Basti pensare ai ridimensionamenti o, peggio, alle privatizzazioni di vari presìdi ospedalieri, in un’ottica che non guarda alla comunità e al diritto costituzionale alla salute per tutti ma esclusivamente al profitto di alcuni. Privatizzare la sanità comporta una diminuzione di risorse umane ed economiche per il servizio pubblico, con un conseguente peggioramento delle prestazioni sia specialistiche che di base. Ora, che siamo nella cosiddetta terza fase dell’emergenza legata al virus e il numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva è tornato sotto controllo, è indispensabile un’analisi della situazione.

Mancanza di visionee volontà

Durante il lockdown tutte le risorse pubbliche rimaste dopo anni di tagli ai budget, al personale e alle dotazioni tecnologiche delle strutture liguri (incluso il più grande ospedale di Genova) sono state destinate alla cura dei pazienti affetti da Covid-19. Il personale sanitario ha fatto i salti mortali per assistere i pazienti affetti da questa nuova patologia, ma a scapito delle prestazioni necessarie alla cura di altre malattie. Sono state così rimandate tutte le visite specialistiche e gli esami di laboratorio, e gli ambulatori dei medici di medicina generale non sono stati più accessibili ai pazienti: il tutto ha portato a una drastica riduzione delle visite, riservate solo alle urgenze. I Centri unici di prenotazione (CUP) sono rimasti chiusi per tre mesi e alla recente riapertura sono stati sommersi dalle richieste.

Ecco qualche esempio di quel che è successo.

Alla Spezia l’ospedale della città è in condizione fatiscente da anni ma, invece di intervenire per migliorare la struttura sul lungo periodo, si è andati nella direzione completamente opposta. Interi reparti sono stati chiusi o spostati (ad esempio a Sarzana), l’organico è rimasto insufficiente e persone al limite delle forze sono state costrette a lavorare in un Pronto soccorso totalmente inadatto alle esigenze del territorio. Inoltre il progetto del nuovo ospedale del Felettino, eredità della Giunta regionale precedente, è stato ormai completamente abbandonato da questa Amministrazione, che ha annullato quanto si era tentato di realizzare fino ad oggi, dissipando milioni di euro. Per non parlare di come è stata gestita l’emergenza, se di gestione si può parlare: non è stata presa nessuna decisione efficace o ragionevole, non è stato creato alcun reparto COVID (pur avendone la possibilità). Si è preferito distribuire i malati nei vari reparti tradizionali, già in condizioni precarie, aumentando così il rischio di contagio e addirittura occupandone alcuni completamente.

Nessuna decisioneragionevole

Quello della Spezia non è stato di un caso isolato. Nella provincia di Imperia l’amministrazione regionale ha operato tagli significativi alla sanità, in alcuni casi facendo aumentare le spese a fronte di minori servizi. Dopo un solo anno di mandato, questo governo ha cancellato un sistema di consegne a domicilio di alcuni farmaci, servizio gioiello dell’Asl particolarmente necessario in tempi di lockdown per lasciare a casa pazienti affetti da altre gravi patologie, senza esporli al pericolo di contagio. A testimonianza della sua utilità, questo sistema ricevette un riconoscimento europeo, e aveva contribuito a far risparmiare alla Regione 360 milioni dal 2008 al 2014. Anziché estendere il servizio a tutta la Regione, si è andati nella direzione esattamente opposta, tagliandolo. 

La regione ha inoltre chiuso un eccellente reparto di gastroenterologia di Sanremo solo per riaprirlo, ridimensionato, ad Imperia, mentre nel prossimo futuro l’intenzione è di chiudere del tutto due ospedali (Imperia e Sanremo) e venderli a privati. Come accaduto a Bordighera sarà poi aperta un’altra struttura con meno personale e posti letto, in barba alle difficoltà di chi abita nei paesi dell’entroterra, da Ventimiglia ad Imperia, e può rivolgersi ad un solo ospedale. Al di là dei giudizio di merito, queste scelte denotano nella migliore delle ipotesi una scarsa conoscenza della complessità del territorio ligure (legate anche alla viabilità); nella peggiore, invece, mostrano disinteresse per le vere esigenze della popolazione. A tutto questo occorre aggiungere che anche l’elisoccorso è stato privatizzato.

Per finire, invece di riaprire e riqualificare strutture già esistenti e appena dismesse si è scelto di destinare le poche risorse disponibili a progetti simbolici, “a effetto” ma di evidente inutilità, come quando il traghetto Splendid è stato destinato a ospedale galleggiante per pazienti in convalescenza da Covid-19. La compagnia Grandi Navi Veloci (GNV) ha sì messo a disposizione la nave, ancorata nel porto di Genova, ma la regione ha dovuto munirla di attrezzature idonee e personale qualificato. I costi di esercizio, quindi, non sono stati per nulla simbolici: da contratto tra Regione, Asl e GNV le spese sono arrivate fino a 1,2 milioni di euro per un mese e mezzo di utilizzo, anche se dei 400 posti allestiti ne sono stati occupati meno di cento – e per poche settimane. Dopo questo periodo poi la nave-ospedale è stata velocemente dismessa, con evidente spreco di mezzi e risorse.

Alla luce di quanto abbiamo visto negli ultimi mesi, occorre pensare seriamente a una riforma del servizio sanitario nazionale che riporti al suo ruolo insostituibile la sanità pubblica rivolta a tutti i cittadini, mettendo le persona e le comunità al centro del progetto. Ma soprattutto occorre che la Liguria sia finalmente amministrata da persone che uniscano a una profonda conoscenza del territorio ligure una diversa attenzione e sensibilità per i bisogni di ciascuno. 

Gabriella Tartarini

Fonti